Laura, la figlia più grande di Massimo/Elio Germano nel mondo disturbante di America Latina dei fratelli D’Innocenzo. Poi una Beatrice umana ed enigmatica per il Dante di Pupi Avati. Oggi sul set di Dostoevskij, la serie tv dei gemelli registi che l’hanno fatta debuttare. Carlotta Gamba, nata a Torino nel 1997, dopo molto lavoro a teatro ha fatto il suo ingresso nel cinema (d’autore) dalla porta principale, portando dolcezza e una percezione sottile di vulnerabilità a fior di pelle che aggiunge profondità e tridimensionalità ai suoi personaggi.
Hai avuto il tuo esordio sul grande schermo a 23 anni con America Latina, accanto a un grande attore come Elio Germano. Come sei arrivata su quel set?
Molto spaesata. Era il primo lavoro ottenuto con il primo provino, avevo appena finito l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico e non conoscevo per niente il mondo del cinema, che per me era un sogno. Ero partita con l’idea del teatro, che vedevo più vicino, mentre il cinema mi sembrava inarrivabile. Magicamente, invece, è diventato accessibile. Mi sono ritrovata all’improvviso sul set a Latina e tutto è stato una scoperta. Questo mestiere si impara facendolo e i fratelli D’Innocenzo sono stati molto bravi a gestire le mie paure e le mie insicurezze, mettendole al servizio del lavoro. Veder lavorare loro ed Elio Germano è stato un insegnamento bello dentro un turbinio di mille emozioni. Il mio cuore è rimasto lì.
Sei dovuta entrare in un modo difficile, ambiguo, pieno di inquietudine con quella storia…
La sceneggiatura era bellissima, l’ho letta tutta d’un fiato in un’ora. Le sceneggiature dei fratelli D’Innocenzo sono come dei libri, c’è dentro tutto un mondo. Nel girare il film, poi, c’era un’atmosfera di tensione, lavoravamo sull’ambiguità e questo comportava una portata emotiva. C’era qualcosa che aleggiava sulle nostre teste e ogni tanto ci ritrovavamo a esplodere in risate isteriche per scaricare la tensione.
C’è stato un momento preciso nella tua vita in cui hai capito che avresti voluto fare l’attrice?
Non riesco a individuare un momento preciso, questa spinta c’è sempre stata. Da bambina ho studiato recitazione e mi interessavano tutte le arti. Quando ero piccola non mi preoccupavo di cosa avrei fatto da grande, l’amore per la recitazione è cresciuto insieme a me e alla fine ho preso questa strada. Quando sono arrivata in Accademia recitare era già un mio sogno, poi è stato sempre più presente nella mia vita.
C’è un film in particolare che ti ha conquistata e fatto venir voglia di entrare in quel mondo?
Da piccola ero appassionata della Guerra dei mondi, lo vedevo con papà e mi immedesimavo, vedevo la bambina con il padre, il fratello più grande, i genitori separati, la mamma risposata: era una situazione uguale alla mia. Quella degli alieni era anche una mia paura (ride), e forse quello è il film che ho guardato e mi ha fatto pensare: siamo noi. Chiesi a papà: ma se domani arrivano gli alieni che facciamo? Lui rispose: vengo a prendere te e tuo fratello e scappiamo. Racconta una quotidianità molto bella all’inizio, con cui riesci a immedesimarti, poi ti porta lontano: questa è la magia.
Cosa fanno i tuoi genitori?
Papà oggi è in pensione, ma ha lavorato per vent’anni al marketing della Ferrero, mia mamma ha fondato un’agenzia di pubblicità e comunicazione quando sono nata, infatti ha la mia età.
Ti hanno sempre incoraggiato in questo percorso?
Come, credo, ogni genitore erano un po’ divisi tra la preoccupazione e l’incoraggiamento, questo lavoro viene ancora visto come quello dei saltimbanchi. Sapevano che erano difficile, ma comunque quando sono partita per Roma hanno capito che c’era poco da fare. Non mi hanno mai ostacolato ma erano spaventati, ma come lo sono io anche oggi, in questo mestiere non si sa mai.
Ti fa molta paura l’incertezza del lavoro di attrice? Hai in mente un piano B?
Ho sicuramente paura ma non ho un piano B, ho solo questo che vorrei fare, ma sono appassionata a tante cose e spero di avere una vita piena di sorprese.
C’è un’attrice che ammiri e prendi un po’ come un modello?
In Italia mi piace tantissimo Alba Rohrwacher, mi ha sempre attirato per la sua dolcezza e vulnerabilità, è sempre delicata. A livello internazionale mi piace Isabelle Huppert, straordinaria ne La pianista, ha una forza bellissima e un gran coraggio. E poi la Gena Rowlands di Una moglie: un’interpretazione cui aspiro, sogno personaggi così.
Ti è capitato di chiedere consigli ad Alba Rohrwacher?
Alba l’ho vista una volta al Nuovo Sacher, ma non ho avuto il coraggio di dirle nulla, l’ho solo guardata da lontano. Mentre quando mi hanno detto che mi avevano preso per America Latina e contemporaneamente che avrei recitato con Elio Germano, sono morta lì a terra davanti ai fratelli D’Innocenzo. Elio è il mio grande idolo.
Qual è il momento del tuo lavoro che preferisci?
Il set, dal grido “azione” in poi. Recitare è la cosa più bella che faccio, mi fa scoprire tante cose, mi fa sentire più presente nella vita, quasi più che nella vita vera. C’è un’adrenalina di paura e felicità che mi spinge.
Hai studiato e praticato anche la musica, oggi che ruolo ha nella tua vita?
La musica mi serve per concentrarmi sul set e per rilassarmi fuori dal set. Sul set mi aiuta a trovare il mood, a mettermi nella condizione di attraversare le scene. Fuori dal lavoro è uno svago, a casa mia canto sempre.
Quando non lavori cosa ti piace fare? Fai qualche sport?
Sport? No! Non ho mai trovato la spinta per fare fatica e sentirmene appagata. Per il resto disegno, dipingo, creo con le mani. Non so cosa succederà ma so che voglio scoprire cose di me. Nel tempo in cui non lavoro devo essere brava a non cedere all’ansia. Sono una abituata a fare, fare, fare, per me è difficile gestire il tempo in cui non faccio.
Che succede ora e che succederà nel tuo futuro imminente dal punto di vista professionale?
Sto girando Dostoevskji ed è bello lavorare di nuovo con i D’Innocenzo: sono bravi a creare un bel clima sul set per tutti. Si sente che fanno cinema perché hanno bisogno di farlo. E poi proprio in questi giorni è stato presentato al Tallin Black Nights Film Festival il film Amusia, opera prima di Marescotti Ruspoli, girata nella “città metafisica” di Tresigallo.
(Foto di Alberto Bravini)
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