È il dicembre 1974, a ridosso di Natale, quando C’eravamo tanto amati di Ettore Scola esce nelle sale. È l’anno delle stragi “nere” di Brescia e del treno Italicus, del “No” al referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio, del rapimento del giudice Sossi da parte delle Brigate rosse, di un consenso a sinistra che di lì a pochi mesi, nel voto amministrativo del marzo ’75, porterà il Pci di Enrico Berlinguer al governo delle città. Si fa strada infatti, dopo tanto patire, quella coerenza e quel realismo riformista del portantino comunista di C’eravamo tanto amati, Antonio/Nino Manfredi, fedele al partito nella sconfitta e nella vittoria. A dispetto di Nicola/Stefano Satta Flores, intellettuale estremista sempre insoddisfatto, e di Gianni/Vittorio Gassman avvocato carrierista, un tempo compagno di strada. Ma nel film di Scola si respira un’aria malinconica, oltre che nostalgica, s’avverte un equilibrio precario. Incombono gli anni di piombo e altre orribili stragi.
L’idea iniziale del film prevedeva un solo personaggio, Nicola, il professore di provincia, fervente sostenitore del neorealismo di Ladri di biciclette. Ricorda Scola: “Il film doveva essere soltanto la storia di un lungo pedinamento che durava trent’anni: il personaggio seguiva De Sica e diventava per lui – naturalmente De Sica avrebbe dovuto interpretare se stesso nel film – una vera ossessione. De Sica se lo trovava sempre davanti e quest’ultimo lo metteva di fronte a problemi morali, di coscienza. De Sica, come si sa ha realizzato alternativamente grandi opere e ha prodotto prestazioni d’attore assai mediocri. C’era dunque, questo grillo parlante, questa coscienza che lo seguiva, lo rimproverava, lo perseguitava…”. Poi sono arrivati altri personaggi emblematici, un borghese e un proletario, e il nuovo titolo al posto dell’originario Avventura italiana. La leggenda consegna il merito al figlio dello sceneggiatore Age, che s’ispirò al ritornello “C’eravamo tanto amati per vent’anni e forse più…” della canzone di inizio Novecento “Come pioveva”.
La pellicola ha recuperato i colori e tutte le tonalità di bianco e nero grazie al prezioso restauro realizzato dall’Associazione Philip Morris l’anno scorso, in collaborazione con la Cineteca della Scuola nazionale di cinema. Insomma un prezioso riconoscimento a un film cult il cui remake verrà presto girato da Gabriele Muccino per l’americana Miramax. “Ho visto C’eravamo tanto amati più o meno sessanta volte. La grande sfida è nel mantenere il fascino e il pathos di una storia così romantica, dolce, malinconica e amara, e offrirla a una platea più vasta, americana e internazionale”.
Insieme allo sceneggiatore Mike Weller (Hair e Ragtime), Muccino si cimenterà con un trentennio di storia americana, dagli anni Settanta ai Novanta, narrato attraverso la struttura del film di Scola: “Tre uomini che s’innamorano della stessa donna e a fasi alterne si smarriscono”. Si comincia con gli hippies e la prima guerra persa, il Vietnam, si attraversa l’età reaganiana, per arrivare sulla spiaggia di Brooklyn con le torri gemelle illuminate dai fuochi d’artificio: “Il Vietnam sta al mio film come la Resistenza a quello di Scola. Ma i suoi erano eroi, e il Vietnam non ha eroi” spiega Muccino.
Riuscirà il regista de L’ultimo bacio nell’impresa del remake di C’eravamo tanto amati? Scola ha più di un dubbio e ricorda che I soliti ignoti made in Usa, rifacimento diretto da Louis Malle de I soliti ignoti di Monicelli, fu un fallimento. “Quello che caratterizza l’originale è l’ambiente e la cultura in cui nasce. Non so come nel remake del mio film si possa sostituire la guerra in Vietnam alla nostra Resistenza e tre personaggi americani al posto di Antonio, Gianni e Nicola – polemizza Scola – Così a Muccino ho detto di stare attento perché c’è il rischio che rimanga ostaggio di chi gli dirà come amano e tradiscono gli americani. Solo una cosa è certa: Nicole Kidman interpreterà il ruolo che fu di Stefania Sandrelli”.
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