BUGIE BIANCHE


Suona il flauto Renato, un ragazzo che dimostra grande talento musicale; di sicuro avvenire, insomma. Un certo giorno, a Roma, si getta colla motoretta nel Tevere. Suicidio? Niente affatto: un modo come un altro, forse più fantasioso, di dileguarsi. Infatti, poco dopo lo vediamo montare su un camion di passaggio diretto a Venezia. Qui s’imbatte in una coppia. Lui, Marcello, è un antiquario; lei, Luisa, una violinista. Non ci mette molto a presentarsi come il figlio naturale di Marcello, frutto di un suo peccato di gioventù. Marcello stenta a credergli, però non lo esclude. D’altronde, poco importa se non dice la verità. Renato è simpatico; offre amore e amicizia; in compenso loro non hanno figli. Comincia così un ménage a tre tutto sommato sereno, ciascuno evitando di porre delle domande troppo imbarazzanti. Senonchè arriva a Venezia il genitore di Roma e scopre dove è andato a stare Renato. Si capisce così che il ragazzo ha il vizietto di farsi accogliere come figlio dalle coppie incontrate nelle sue ricorrenti fughe, raccontando storie abili, quanto patetiche, sul suo concepimento. Di fronte alla incredulità della coppia che lo ha appena adottato, il genitore venuto da Roma convoca tutti gli ex genitori di Renato, per giungere allo “show down” definitivo col ragazzo. Tutti sono inferociti contro di lui tranne Marcello e Luisa, che erano stati al suo gioco. Ma Marcello e Luisa sono due contro dieci: gli altri vogliono la punizione di Renato, metterlo nelle mani della polizia, dargli una lezione. Renato fugge per le calli; gli ex genitori gli corrono dietro; uno di loro spara. Renato cade in un canale; ma fa finta di essere colpito. Si ripete la scena iniziale del Tevere: riemerge dall’altro lato e, dinanzi agli occhi finalmente rassicurati di Marcello e Luisa si dilegua nuovamente. Lo rivediamo fermare un automobilista diretto a Milano. Stavolta, però, non cerca più genitori, bensì lavoro: Renato è divenuto adulto.
Vi abbiamo raccontato il soggetto di Bugie bianche, film scritto e diretto alla fine degli anni ’70 da Stefano Rolla, il cineasta romano caduto coi carabinieri nell’agguato di Nassiriya. Stando a quel po’ che si è parlato di lui nei giorni di lutto nazionale, si è saputo che Rolla era un valido aiuto regista, direttore di produzione, organizzatore generale; ma nulla si è detto della sua breve avventura dietro la macchina da presa.
Del resto, alzi la mano chi ha visto Bugie bianche, classico film fantasma, anche se nel volume curato da Aldo Bernardini per l’archivio dell’Anica e comprendente tutte le pellicole prodotte in Italia durante il ventennio che va dal 1970 al ’90, si legge il numero e la data di rilascio del nulla osta di circolazione, nonché la data della sua prima uscita pubblica, il 25 giugno 1981. Pensate: quasi due anni dopo la prima mondiale tenuta nell’ottobre del ’79 agli Incontri Internazionali del Cinema di Sorrento. Già questo particolare ci dice che la sua vita sul grande schermo è stata quanto mai aleatoria; verità confermata dal fatto che si ritenne opportuno modificare il titolo originale in quello di Professione figlio. Ma a questo punto si perdono le sue tracce.
Vita ancora più grama ebbe il secondo film di Rolla, Carlotta, girato in Spagna e passato in quel paese col titolo Amor es… veneno. Non risulta che sia stato proiettato sugli schermi italiani. A questo punto si comprende il motivo per cui Rolla ha ritenuto opportuno tornare alle precedenti incombenze, che gli avevano procurato l’unanime stima. Eppure Bugie bianche era un film originale che non lasciava indifferenti, nonostante il finale troppo “educativo”. Del resto, Rolla a Sorrento aveva dichiarato che col suo film intendeva celebrare il 1979, anno che l’ONU aveva dedicato al fanciullo. Se qualcuno ricorda “Cronache marziane” di Ray Bradbury, avrà certamente notato la singolare somiglianza della vicenda dì Renato con l’episodio del marziano bisognoso di affetto che assume di volta in volta le sembíanze di “terrestri” desiderati da questo o quel colono, trasferitosi sul “pianeta rosso”. Anche quell’episodio fìnisce con la fuga del marziano, nella fattispecie inseguito dai coloni; anche lì parte un colpo di rivoltella. Ma, a differenza di quanto accade a Renato, il marziano viene colpito e si dissolve in un grumo di polvere cristallina.
Ci piace pensare che Clown in Kabul, l’ultimo film promosso e organizzato da Stefano Rolla, contenga un po’ dello spirito che lo aveva animato in quella sfortunata avventura.

25 Novembre 2003

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