Borg McEnroe: il match che divenne spettacolo

Alla Festa del Cinema il film di Janus Metz Pedersen che mette in scena in 100 intensi minuti la leggendaria rivalità tra due dei migliori tennisti della storia


Grandi applausi in sala, dopo la proiezione stampa, per Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen, produzione svedese con Shia LaBeouf e Sverrir Gudnason, che mette in scena in 100 intensi minuti la leggendaria rivalità tra due dei migliori tennisti della storia, finiti ai lati opposti dello stesso campo per 14 volte in quattro anni (tra il 1978 e il 1981). La calma glaciale dello svedese Bjorne Borg (Gudnason) – in verità un vulcano pronto ad esplodere – contro il temperamento difficile dell’avversario statunitense John McEnroe (LaBeouf), i movimenti regolari e calibrati dell’uno contro quelli nervosi e dinamici dell’altro. La concentrazione contro gli sbuffi di rabbia. Personalità opposte, stili diversi, imprevedibilità dei risultati, fino alla finale di Wimbledon del 1980, considerata una delle partite più belle della storia del tennis, si rivelano componenti ideali per un film appassionante, con una dinamica che ricorda il Rush di Ron Howard, dedicato alla Formula 1, nonostante una sceneggiatura non sempre calibrata e con qualche ingenuità.  

A presentare il film c’è il regista, che dice: “non volevo limitarmi a un film sul tennis ma esplorare il comportamento umano, capire perché siamo spinti a metterci alla prova, cosa è il sogno e quali sono le illusioni che lo alimentano, da dove viene la nostra cultura, di fronte a due uomini molto diversi ma che condividevano lo stesso dolore esistenziale, la loro esigenza di essere assolutamente i migliori nel loro campo. Inoltre è una riflessione sulla mascolinità e sui suoi modelli diversi, in Svezia dove si tendeva all’uguaglianza formale, e nei capitalistici Usa dove il successo si raggiunge con l’individualismo. Il tennis è particolarmente interessante perché è uno sport che si gioca da soli, in quattro /cinque ore che richiedono il massimo degli sforzi, è impegnativo e logorante, e diventa dunque una lotta con se stessi, con le proprie angosce e con le proprie paure. E’ un uno contro uno, come nella boxe, che infatti ispira molti film. Sul tennis invece, di questo tenore non credo ne esistessero. Anche per questo Borg ha lasciato a soli 24 anni, non ce l’avrebbe fatta a proseguire, era troppo provato”.

Certamente il film ha un grosso impatto spettacolare, la ricostruzione del match risulta credibilissima, grazie anche a un sapiente uso degli effetti speciali: “oggi possiamo fare cose che quindici anni fa non erano possibili – prosegue Pedersen – quindi i due attori insieme agli stuntman hanno imparato alla perfezione i movimenti dei personaggi, come in una danza. Le palline sono state aggiunte poi in digitale, così come gran parte dello stadio e del pubblico. Molto lavoro è stato fatto anche sul suono, ad esempio quello che produce una palla quando urta la racchetta, in particolare quella di Borg che era caratterizzata da una tensione diversa dal normale”.

Il figlio di Borg, Leo, interpreta nel film suo padre da giovane. “Ero indeciso sul da farsi quando me lo proposero – continua il regista – perché da un lato era identico a suo padre e poi è uno dei migliori giocatori della sua fascia d’età, dall’altro temevo arrivassero da Borg ingerenze, censure o tentativi di controllo del film. Ma non è stato affatto così e Leo si è rivelato la scelta giusta. Suo padre mi ha confermato che lui da giovane si comportava proprio così. Era irruento e solo quando i suoi allenatori gli insegnarono a controllare la rabbia per usarla sul campo diventò la macchina glaciale che conosciamo. Mi ha anche confermato di essere superstizioso ai limiti del compulsivo, come si vede nel film. E mi ha detto che è un film credibile dal punto di vista tennistico, così come Federer che lo ha visto in anteprima a Zurigo. McEnroe invece ha apprezzato meno. Credo che una delle maggiori differenze tra Borg e McEnroe stia nelle ragioni della rispettiva impulsività. Nel caso di Borg è un’insicurezza esistenziale, la coscienza di essere diverso. Alcune persone nascono con la pelle più sottile delle altre e devono costruirsi un’armatura. Per McEnroe sembra essere stato più un contesto di pressione sociale e familiare. Con lui non sono riuscito a confrontarmi, mentre invece mi ha aiutato tantissimo stare vicino a persone che conoscevano Bjorne, come la sua ex moglie, diretta testimone degli eventi che abbiamo narrato”.

03 Novembre 2017

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