«Rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nella piccola cronaca»: così Vittorio De Sica descriveva il suo lavoro per Ladri di biciclette in un’intervista a ‘La fiera letteraria’. Il classico intramontabile del neorealismo viene proiettato questa sera 19 luglio all’Arena Cinema del Parco degli Acquedotti con un Extra speciale, un filmato dal set.
Ma è la meravigliosa atmosfera dello storico parco, scenario anche di film altrettanto iconici come Mamma Roma e La grande bellezza, a rappresentare il vero contenuto aggiuntivo dell’esperienza cinematografica.
Il film del 1948 fu diretto, prodotto e in parte sceneggiato da De Sica con ampia partecipazione, come si usava al tempo, di attori non professionisti. Il soggetto originale è di Cesare Zavattini, ma il titolo si deve a un romanzo di Luigi Bertolini di un paio d’anni prima. E’ bene ricordare, però, che del romanzo, nel film – drammatica storia di un povero attacchino a cui viene rubato il mezzo di locomozione che gli è necessario per lavorare – non è rimasto praticamente nulla. Si trattava infatti di un testo autobiografico, che raccontava le vicende dei furti di biciclette subiti dall’autore nella Roma dell’immediato dopoguerra, e dei relativi ritrovamenti.
Quattro anni dopo la sua uscita, la pellicola di De Sica venne ritenuta il più grande film di tutti i tempi dalla rivista cinematografica britannica ‘Sight & Sound’, iniziando poi a raccogliere riconoscimenti ovunque: nel 1958 fu dichiarato il secondo miglior film di sempre alla Confrontation di Bruxelles, da una giuria internazionale di critici, ed stato in seguito inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare.
Per l’Italia, la realizzazione dei manifesti e delle locandine fu affidata al pittore cartellonista Ercole Brini, che dipinse i bozzetti ad acquerello e tempera, in uno stile a sua volta “neorealista” molto adatto allo spirito del film. Ma le cose non sono andate bene da subito: alla prima al cinema Metropolitan di Roma il pubblico protestò richiedendo addirittura il rimborso del biglietto. In Francia invece andò diversamente. L’anteprima alla presenza di tremila personaggi della cultura internazionale si concluse con un abbraccio entusiasta tra De Sica e il regista René Clair.
Ma soprattutto, conta il peso del film a livello di immaginario collettivo, visto quanto è stato ripreso, rielaborato e citato. Lo fa Woody Allen in Stardust Memories, mostrando due dei personaggi che vanno a vedere il film di De Sica e ci dibattono su, lo fa Ettore Scola in C’eravamo tanto amati, facendo sbagliare a un esperto cinefilo una risposta sul film durante la trasmissione ‘Lascia o raddoppia?’.
Lo fa Robert Altman ne I protagonisti, facendo proiettare il film in un cinema dove si incontrano i suoi personaggi, e il film cinese Le biciclette di Pechino, che ne è una sorta di remake non dichiarato. E ancora La ricerca della felicità di Gabriele Muccino, dove si possono riconoscere ampie citazioni iconografiche nell’inarrestabile girovagare di padre e figlio alla ricerca di una decente collocazione sociale, senza contare gli omaggi nel mondo della musica, prima con il gruppo swing Ladri di biciclette, capeggiato da Paolo Belli, e poi con quello Ladri di carrozzelle che gli fa simpaticamente il verso (i componenti sono in gran parte disabili).
Ma l’omaggio più geniale, sentito e a suo modo commovente viene, paradossalmente, da una (rispettosa) parodia, quella che gli regala Maurizio Nichetti nel film del 1989 Ladri di saponette dove, mentre Nichetti presenta in televisione il suo nuovo film di ispirazione neorealista (un copycat del film di De Sica, appunto), un improvviso black out dello studio porta nel film prima i personaggi della pubblicità – che era anche un modo per fare critica alle televisioni private che interrompevano costantemente i film con le reclame, in effetti era presentato come “il primo film che interrompe la pubblicità” – e poi lo stesso regista dentro al film, stravolgendo completamente la trama in maniera divertente e inaspettata.
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