‘Il Pianista’, i segreti del capolavoro di Roman Polanski

​Nella straordinaria filmografia di Roman Polanski, Il Pianista ha sicuramente un posto speciale. In attesa di vederlo nell'Arena Cinema Parco degli Acquedotti scopriamo perché


Tra i tantissimi film, serie tv, romanzi e opere in generale dedicate alla Shoah, poche hanno lasciato il segno quanto quella realizzata da Roman Polanski ormai oltre 20 anni fa. Il Pianista venne presentato il 23 maggio 2002 al Festival di Cannes, pochi giorni prima di vincere una Palma d’oro che aprì a una stagione di grandissimi riconoscimenti, inclusi tre premi Oscar. Stasera, 24 luglio 2023, il capolavoro del controverso regista di origini polacche sarà proiettato all’Arena Cinema Parco degli Acquedotti per tutti coloro che non hanno avuto l’occasione di vederlo sul grande schermo all’epoca o vogliono semplicemente riviverne le intense emozioni.

Ma Il Pianista è davvero il capolavoro di Polanski? Un autore che praticamente non ha mai sbagliato un film collezionando cult del cinema come Rosemary’s Baby o Chinatown, tutt’oggi annoverati tra i classici della storia del cinema. Tutte le opinioni sono valide, ma qui spiegheremo perché Il Pianista è un film davvero fuori dal comune.

Intanto partiamo dalla sceneggiatura non originale vincitrice dell’Oscar, che non solo fa riferimento a una storia vera, ma che richiama largamente la biografia dello stesso regista. Esattamente come il protagonista Władysław Szpilman, infatti, Polanski ha passato l’infanzia in Polonia, a Cracovia, durante la guerra, riuscendo miracolosamente a scappare illeso dal ghetto. I suoi genitori non furono così fortunati, ma vennero imprigionati in due diversi campi di concentramento, dai quali si salvò solo il padre. Il legame di Polanski con la Polonia e i terribili ricordi di quel periodo sono raccontati nel documentario recentemente uscito Hometown – La strada dei ricordi.

Il legame biografico con questa storia, che lo convinse in passato a rinunciare alla regia di un altro capolavoro come Schindler’s List, si percepisce indubbiamente nel modo in cui l’autore racconta la vicenda di Szpilman, sopravvissuto alla strage nazista grazie principalmente al riconoscimento delle sue straordinarie doti da pianista. La regia premiata con l’Oscar, così come la fotografia (solo candidata), ci raccontano un mondo grigio, palpabilmente crudo e realistico, privo dell’estetica patinata di tanti film di matrice hollywoodiana.

C’è poi forse l’elemento più memorabile di tutta la pellicola: Adrien Brody nei panni del protagonista. Un esempio di grande professionalità spesa per interpretare al meglio un ruolo. L’attore non solo ha imparato a suonare il pianoforte appositamente, non solo è dimagrito di ben 15 chili nonostante un fisico già particolarmente asciutto, ma ha pure venduto il suo appartamento e la sua macchina, vivendo isolato e senza comfort. Il tutto per provare sulla sua pelle il dramma della perdita e della mancanza di punti di riferimento. Un lavoro che ha sicuramente dato i suoi frutti restituendoci una performance tra le più importanti degli ultimi decenni, rendendolo il più giovane vincitore di un Oscar come attore protagonista (29 anni), nonché l’unico a vincere un Oscar e un César per lo stesso ruolo.

Avere consacrato Adrien Brody come star di Hollywood è solo l’ultimo dei tanti meriti de Il Pianista, un film così indiscutibilmente monumentale che riuscì nell’impresa di abbattere il muro di disprezzo nei confronti del regista, a causa delle note accuse di stampo sessuale che lo costrinsero alla fuga in Francia. Un velo steso sulla figura di Polanski e sulle sue opere di indubbia qualità che dura da oltre quattro decenni, ma che 20 anni fa venne meritatamente tolto, anche se per un breve frangente. Polanski non poté andare a ritirare le statuette per il Miglior film e per la Miglior regia per evitare di essere imprigionato non appena messo piede negli States. Ma questa è un’altra storia.   

25 Luglio 2023

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