‘Bestiari, Erbari, Lapidari’, viaggio nella storia dimenticata delle immagini

Fuori Concorso al Festival di Venezia 2024 il documentario della coppia di registi italiani Massimo D'Anolfi e Martina Parenti segue le orme dei compendi medievali per raccontare, attraverso preziosi materiali d'archivio, una diversa storia del cinema. Il film uscirà nei cinema a partire dal 5 ottobre distribuito da Luce Cinecittà


VENEZIA – Con Bestiari, Erbari, Lapidari la coppia di registi italiani Massimo D’Anolfi e Martina Parenti firmano un manifesto cinematografico dedicato alla potenza delle immagini, un’imprevedibile enciclopedia che attraverso tre atti tematici – animali, piante, pietre – esplora materiali video di rara bellezza componendo un film d’archivio che va dal protocinema fino alla fine degli anni Cinquanta. Presentato Fuori Concorso all’81ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, Bestiari, Erbari, Lapidari uscirà nei cinema a partire dal 5 ottobre distribuito da Luce Cinecittà; una produzione Montmorency Film con Rai Cinema e Lomotion con SRF Schweizer Radio Und Fernsehen / SRG SSR con il supporto di MIC, Eurimages con il contributo di PR FESR Lombardia 2021-2027 – Bando “Lombardia per il cinema” Fondo Sviluppo Italia Francia con il supporto di Berner Filmförderung, Burgergemeinde Bern in associazione con Luce Cinecittà con partecipazione con Eye Filmmuseum, Cinémathèque Suisse.

Le tre anime che compongono l’opera comunicano strettamente a vicenda, ma rappresentano anche l’occasione di riflettere sul cinema attraverso soggetti e forme differenti. Bestiari ad esempio è un found-footage, in cui si alternano riprese realizzate dai registi all’interno di una clinica veterinaria alle prime immagini che il cinema ha dedicato agli animali, tra cui il primo incontro ripreso su pellicola tra un uomo e un pinguino. Erbari invece è un documentario contemplativo ambientato all’interno dell’Orto Botanico di Padova, accompagnato da letture poetiche e quadri fissi dedicati agli organismi vegetali che vivono quel luogo. Lapidari, infine, racconta la trasformazione della pietra in memoria collettiva, con un’attenta disanima della realizzazione delle pietre d’inciampo.

Il regista Massimo D’Anolfi ha raccontato che l’idea del film è nata molti anni fa, almeno dieci. “Ragionavamo sull’idea di fare un confronto di alberi e piante – ha raccontato presentando il film a Venezia – ma non riuscivamo a trovare un luogo, uno spazio, una storia che ci convincesse. Un giorno una nostra cara amica ci ha chiamato per dirci che nella clinica veterinaria sotto il nostro studio c’erano due tigri malate di polmonite. Siamo andati giù e il giorno stesso abbiamo iniziato a filmare. Abbiamo capito che quello era un bestiario possibile. Da lì, con un’associazione di idee, abbiamo pensato ai compendi medievali, dove oltre ai bestiari e agli erbari c’erano anche i lapidari”. Il film, di cui Massimo D’Anolfi e Martina Parenti hanno curato anche la fotografia, il suono e il montaggio, vede la partecipazione del musicista Massimo Mariani.

“È stato un procedimento molto diverso dallo standard”, ha raccontato il musicista. “Abbiamo cercato di trarre ispirazione dai versi degli animali, come i canti di balene e uccelli notturni. È un film molto musicato, con atmosfere diverse per ogni capitolo”. Le immagini scelte dai registi hanno guidato anche le scelte musicali: “Ci siamo appoggiati alle natura delle immagini e dei temi di volta in volta raccontati: Bestiari ha una colonna sonora orchestrale, Erbari è poetico, e Lapidari ha una musica più elettronica e industriale. Le musiche sono nate dall’interazione con le immagini e le suggestioni dei registi”.

L’intreccio dei tre capitoli vive di piccoli dettagli, richiami tra i materiali d’archivio e le musiche, e di una grande idea d’insieme che restituisce una storia alternativa e segreta delle immagini e del cinema. “I tre capitoli sono stati sempre connessi”, prosegue Parenti. “Il primo che abbiamo finito è stato Erbari, perché l’idea della cura, della necessaria cura che dovremmo avere per il mondo che ci circonda, era un po’ un caposaldo sin dall’inizio, quasi programmatico. Erbari è il capitolo dedicato alla cura, il cui sottotitolo è proprio “La Cura”. È ambientato nell’orto botanico di Padova, un luogo meraviglioso, dove i giardinieri si prendono cura di piante preziose e non preziose, specialmente di quelle più secche, perché è proprio quando le piante sono più vulnerabili che emerge la necessità di cura. Questa idea era molto forte per noi, un principio che volevamo trasmettere anche attraverso le immagini. È stato il primo capitolo a prendere forma, perché avevamo ben chiaro cosa volevamo raccontare: il valore della cura, del prendersi responsabilmente cura del mondo vegetale che ci circonda”. Bestiari, invece, è stato sviluppato grazie al coinvolgimento del professore universitario Francesco Pitassio, a cui la coppia di registi ha chiesto di esplorare la relazione tra cinema e animali, e da questa ricerca sono nati incontri importanti, come quello con Sophia Gräf, che ha approfondito gli studi della DDR sul comportamento degli animali nei primi vent’anni dell’immediato dopoguerra. Le loro ricerche hanno arricchito profondamente il nostro lavoro, permettendoci di costruire un archivio che racconta il rapporto tra il cinema e il mondo animale.”

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03 Settembre 2024

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