BENZINA


Secondo italiano in concorso, passa Benzina. Come Giravolte un’opera prima firmata da una donna. Monica Stambrini, 31 anni, scuola di cinema a Milano, esperienza di cortista, e molti festival alle spalle, da Bellaria alle rassegne gay-lesbiche di Milano e San Francisco. Ma il film, prodotto da Galliano Juso, tratto dal romanzo di Elena Stancanelli, ammorbidisce molto sul versante militante: “Nella prima sceneggiatura che ho letto – racconta una delle protagoniste, Maya Sansa – le scene di sesso erano più sviluppate e più dure. Io che ero ancora in Accademia e avevo fatto appena La balia con Bellocchio, tutt’altro personaggio, mi sono anche spaventata.
Lesbismo molto soft eppure qualche spettatore – maschio – si infastidisce. Noiosi questi baci lesbici, dice un ragazzo all’incontro con gli studenti del Dams. “Era inevitabile, essendo una storia d’amore fra due donne che ci fossero tanti baci lesbici”, risponde secca la scrittrice. Ha ragione a risentirsi. Del resto sembra che il cinema gay al femminile sia più difficile da accettare, meno di senso comune. “Magari gli uomini si sentono esclusi”, riflette la regista. “Oppure ci invidiano”. Lei ha cercato di lavorare sul genere, il giallo con cadavere da far sparire, con riferimenti espliciti a Lynch, Thelma & Louise, i fratelli Coen; mentre tra le donne cita la Jane Campion di Sweetie e lo schieratissimo e coraggioso Go fish. “Ho voluto evitare di essere provocatoria o di alimentare il voyeurismo. La sessualità delle due protagoniste non è torbida o contorta, è la sessualità innocente di due ragazzine di vent’anni”, dice ancora.
Benzina è un road movie statico, secondo Maya Sansa. Una benzinaia che ammazza la mamma della fidanzata per sbaglio – nel libro lo faceva quasi di proposito con un colpo di crick – e si ritrova nei guai, mentre l’altra (Regina Orioli) è catatonica, “perseguitata” dalla voce della defunta. “Il fantasma della madre – dice Stambrini – è un classico del pensiero femminile: non sai quante volte ho salvato mia madre invece di ucciderla, simbolicamente intendo. E ancora non me ne sono liberata”. Ma la mamma del film (Mariella Valentini) è anche un potente sex symbol con i suoi tacchi a spillo, il vestito aderentissimo e il trucco esagerato. Tutto un po’ sopra le righe e decontestualizzato. “Non ho una vocazione realista, semmai surreale”, chiude l’autrice. Che ha impiegato diversi anni a portare a termine questo progetto.
Quello torinese era in assoluto il primo passaggio di Benzina, che uscirà solo nel 2002 distribuito da Lantìa. “Non è un film facile, per due ore e mezza, dopo averlo visto, mi è rimasta addosso un’inquietudine”, confessa la giovane attrice di Ovosodo. Mentre Maya aggiunge: “Se fosse un film americano, scommettiamo che sarebbe più digeribile”.
L’ultima domanda è per la regista. Benzina piacerà alla comunità gay? “Impossibile prevederlo, ma sono molto curiosa”.

autore
21 Novembre 2001

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