Esce il 24 marzo con 01, in 250 copire, Un paese quasi perfetto di Massimo Gaudioso, commedia con Fabio Volo, Silvio Orlando, Carlo Buccirosso, Nando Paone e Miriam Leone. Gaudioso esordisce qui come regista dopo aver lavorato come sceneggiatore per molti anni.
Pietramezzana è un piccolo paese sperduto tra le montagne, che rischia di scomparire. I giovani lo abbandonano e i pochi abitanti rimasti, per lo più ex minatori, vivono con una cassa integrazione che minaccia di trasformarsi presto in disoccupazione permanente. Ma i suoi abitanti, trascinati dal vulcanico Domenico (Orlando) non demordono e, appena intravedono nell’apertura di una fabbrica la soluzione ai loro guai, si attivano perché il progetto vada a buon fine. Ma perché questo sia possibile ci vuole un medico, e il caso vuole che si imbattano in Gianluca Terragni (Volo), un rampante chirurgo estetico milanese. La cosa complicata sarà convincerlo a restare. Come faranno a non fargli sentire la mancanza del wi-fi, del sushi, della musica jazz, del suo amato cricket? O forse basteranno le attenzioni della bella Anna (Leone) ? Inizia dunque un gioco di bugie a fin di bene che avrà risvolti tragicomici.
Oltre che dichiaratamente ispirato al film canadese di Jean-François Pouliot La grande seduzione, suona anche come una specie di Benvenuti al Sud in salsa lucana, e del resto Gaudioso, che qui esordisce come regista, aveva lavorato proprio a quel film come sceneggiatore: “Ne avevo apprezzato la struttura narrativa – dice Gaudioso – mi ero concentrato sulla ricostruzione del personaggi e sul tono, per adattare tutto alla nostra realtà. Però nonostante le assonanze io credo si tratti di qualcosa di diverso: lì c’era lo scontro tra culture. Qui raccontiamo una vicenda personale che è anche un po’ la storia del nostro paese. Ha un risvolto drammatico, su una comunità che ha perso la dignità e ora rischia anche l’identità. ed è talmente attuale da non aver bisogno di sottolineature, ho pensato di stemperarla un po’ aggiungendo leggerezza e ironia, come se accadesse in un’altra epoca. Ha un tono favolistico. Anche il paese lo abbiamo inventato. ‘Pietramezzana’ è una fusione di Castel Mezzano e Pietra Pertosa, due paesi collegati soltanto da una funivia chiamata ‘volo dell’angelo’ che si sorregge su un cavo sottilissimo. Avevo bisogno di uno scenario che rendesse la storia credibile, mi sono messo alla ricerca di un paese molto piccolo, quasi disabitato per la mancanza di lavoro, isolato ma con squarci di inaspettata bellezza naturale. Dopo un lungo lavoro di sopralluoghi ho optato per una località di montagna, perché da noi il mare diventa automaticamente sinonimo di vacanze. C’era l’imbarazzo della scelta, purtroppo. L’Italia è piena di zone economicamente depresse. Ma ho scelto il Sud perché mi trovo a mio agio nel raccontare i luoghi che conosco. Non è la mia terra ma in quei personaggi ho riconosciuto volti familiari e umanamente interessanti”.
“Ci hanno accolti con grande clamore – racconta Miriam Leone – per loro rappresentavamo l’arrivo del cinema. Le donne ci offrivano continuamente il caffè, proprio come in Benvenuti al Sud. Lo preparavano con delle caffettiere gigantesche. Ne prendevamo così tanti che la notte non riuscivamo a dormire, naturalmente siamo ingrassati parecchio”.
“Vorrei dirvi che sono ingrassato appositamente per il ruolo – scherza Fabio Volo – come De Niro in Toro Scatenato. In verità penso di aver fatto un buon lavoro. Ho voluto togliere il più possibile Fabio Volo dal personaggio di Gianluca. Gli ho dato la pancia, i capelli arruffati, ho tolto il pizzetto. E’ un chirurgo estetico, quindi legato a cose finte. Gli manca l’affetto. Casca nel gioco perché gli manca la verità che crede di trovare negli abitanti di Pietramezzana. Butta giù la maschera ma non si rende conto che in realtà tutti attorno a lui ne indossano una. L’ho fatto più tontolone possibile. Diciamo che lui è come sarei io se la vita non mi fosse andata bene. E’ Fabio Bonetti, quello che aveva la panetteria a Brescia prima di diventare Fabio Volo”.
Altro trait d’union con il film di Miniero è la presenza di Nando Paone, qui in un ruolo meno macchiettistico del solito: “Nel film canadese – dice l’attore – il personaggio era un ubriacone rissoso. Non mi si addiceva, ma ho tentato comunque di renderlo un po’ orso. Spesso mi fanno fare il caratterista ma quando ho spazio l’interpretazione, per un attore, è sempre la cosa migliore. Il paese era bellissimo e volevo comprare una casa lì. Per la verità volevamo tutti, ma non ce n’erano abbastanza. Ho fatto perfino il volo dell’angelo, da solo, in mezzo alla nebbia e con l’operatore che gridava al telefono: ‘Vi mando giù Paone! Venite a prendervelo’. Sono coraggioso di solito, non temo nulla, tranne i topi, ma quella è stata un’esperienza inquietante”.
Chiude la conferenza Riccardo Tozzi, per Cattleya che ha prodotto il film insieme a Rai Cinema: “Sono storie che conservano dei valori tradizionali a cui il pubblico è legato e con cui trova identificazione. La commistione tra dramma e commedia funziona, vedasi Perfetti sconosciuti. Le nostre commedie si stanno evolvendo, cercano un contatto con la realtà di tutti i giorni e non mirano più soltanto alla risata”.
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