Barbie e gli altri censurati: quando il cinema fa paura

Barbie è solo l'ultimo dei titoli di Hollywood a trovare porte chiuse in alcuni paesi. La presenza della "Linea dei nove trattini" è solo una delle tante ragioni che di volta in volta giustificano cen


Tutti pazzi per Barbie, o quasi. Il film di Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling arriverà al cinema il prossimo 21 luglio, ma non in Vietnam, dove è stata proibita la sua distribuzione. A scaldare i membri del Partito Comunista vietnamita sarebbe stata la presenza, in una scena del film, della “Linea dei nove trattini”. Si tratta di una mappa in cui viene rappresentato il territorio reclamato unilateralmente dalla Cina nel Mare cinese meridionale, su cui da tempo è in corso una disputa tra i due paesi. A spiegarlo è stato il capo del Dipartimento Cinema vietnamita Vi Kien Than, aggiungendo Barbie alla lunga lista di film fermati sull’uscio di alcuni paesi. 

Nelle ultime ore si sono unite alla protesta al film anche le Filippine. Il senatore Francis Tolentino ha infatti dichiarato a Cnn che “se la linea dei nove tratti è stata effettivamente raffigurata nel film Barbie, allora è doveroso che la Commissione per la revisione e la classificazione dei film e della televisione delle Filippine lo vieti, poiché denigra la sovranità filippina”. Il Movie and Television Review and Classification Board delle Filippine ha pubblicato un avviso in merito alla deliberazione in corso per stabilire l’eventuale permesso di proiezione. 

La “linea dei nove trattini” è già stata ragione sufficiente per proibire in Vietnam la distribuzione di pellicole hollywoodiane. Già Uncharted della Sony, uscito nel 2022, era stato censurato con le medesime argomentazioni. Destino condiviso da Il piccolo Yeti di Dreamwork Pine Gap di Netflix.

Negli ultimi anni è diventato consuetudine scoprire che certe scene, scelte di trama o temi rinvenuti in alcuni film – spesso titoli per tutta la famiglia – producono la loro eliminazione dai cartelloni di interi paesi. 

Appena un mese fa, Spider-Man: Across the Spider-Verse è stato proibito nei cinema degli Emirati Arabi. Si tratta quasi sempre di blockbuster hollywoodiani, il cui valore economico – in termini di attrazione nei cinema – è messo in secondo piano poiché il racconto proposto non aderisce a valori e costumi locali. Nel caso di Spider-Man, era stata la presenza di simboli e scritte a sostegno della comunità LGBTQIA+ a giustificare la censura emiratina. In una scena a casa di Gwen Stacy, la spider-girl comprimaria del personaggio, appare lo slogan “protect trans kids”, presente anche sulla giacca del personaggio gettata sulla sedia della sua stanza.

Anche il film della pixar Lightyear è stato bandito nel 2022 in addirittura 14 paesi. Le ragioni sono sempre le stesse. Il film sarebbe reo di mostrare un bacio tra una coppia LGBTQIA+, il primo caso nella storia animata di Disney.

In questi casi, gli Studios hanno imparato ad aspettarsi l’accetta della censura in paesi come l’Arabia Saudita, a cui Disney non inviò nemmeno in valutazione la pellicola, consapevole del risultato. Tra gli altri paesi che hanno sprangato gli accessi al film anche Egitto, Libano, Malesia e Indonesia. Pochi mesi prima, la casa di Topolino si era rifiutata di tagliare una scena LGBTQIA+ da Doctor Stranger – Nel multiverso della follia. “12 secondi” quelli incriminanti secondo Nawaf Al-Sabhan, responsabile della classificazione dei film in Arabia Saudita. Ma nel paese l’omosessualità può essere punita con la pena capitale. Persino Steven Spielberg ha trovato porte chiuse per il suo West Side Story, contenente un presunto personaggio transgender. In Malesia è stata la volta di Animali Fantastici The Rocketman, eliminati per le stesse ragioni.

Lo scontro tra Hollywood e molti di questi paesi è in tema di diritti civili, ma anche la politica ha il suo peso. Assassinio sul Nilo con Gal Gadot è stato vietato in Libano, Kuwait e Tunisia causa dell’attrice, “un ex soldato nell’esercito di occupazione sionista – scrisse la testata Al Monitor – aprirebbe la strada alla normalizzazione culturale e artistica con Israele”.

I più recenti temi di rappresentatività nel cinema ha spinto Hollywood a produrre opere sempre più complicate da distribuire in paesi con visioni diametralmente opposte e in rotta con un modello che viene presentato ora in molti film diretti alle famiglie e quindi ai bambini. Se lo scontro con alcuni paesi non produce ingenti danni ai film censurati, il delicatissimo legame con la Cina e il suo immenso mercato interno chiede a Hollywood qualche attenzione in più. Da tempo infatti sono in molti ad accusare che i film, per passare da Pechino, vengano precensurati dagli Studios. Nel 2020 l’Associazione per la difesa della libertà di espressione Pen America pubblicò un rapporto in cui si sosteneva che sceneggiatori, produttori e registi censurassero intere scene per adeguarle alle richieste del paese.

Tra gli esempi riportati il fatto che World War Z del 2013 si vide cancellare il riferimento alla Cina come fonte del virus protagonista del film. “Il Partito Comunista Cinese – sostiene il rapporto – esercita effettivamente una grande influenza sul fatto che un film di Hollywood sia redditizio o meno, e i dirigenti dello studio lo sanno”.

Alle richieste di modifica per ora Hollywood dice no. Ma il cinema è in difficoltà, i grossi film costano sempre di più e ogni paese serve per andare – sempre più raramente – in pari. Anche l’autocensura potrebbe rivelarsi controproducente, sollevando polemiche e boicottaggi nei paesi occidentali. Per ora il cinema non riesce, almeno nei circuiti predisposti, come le sale, a essere l’arte senza frontiere. È invece ancora terreno di scontro, dimostrazione che del suo potere sull’immaginario si ha ancora tremendamente paura. 

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07 Luglio 2023

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