Banditi a Orgosolo di Vittorio De Seta, vincitore del Premio opera prima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nel 1961, è il nuovo appuntamento della rassegna Classici fuori Mostra della Biennale di Venezia, mercoledì 24 aprile alle ore 19 al Cinema Rossini. Il film sarà proiettato nella versione restaurata a cura di The Film Foundation e Cineteca di Bologna, con un’introduzione di Marco Bertozzi.
Dopo numerosi e sorprendenti documentari, Vittorio De Seta esordisce nel lungometraggio nel 1961 con questo folgorante primo film di finzione vincendo a Venezia il Premio opera prima. De Seta amplia un discorso già iniziato con i due precedenti corti documentari girati in Sardegna nel 1958, Un giorno in Barbagia e soprattutto Pastori di Orgosolo, e utilizza solo attori non professionisti, abitanti reali del paese. Il risultato è una fotografia di spietato realismo dell’isolata realtà del luogo, lontana dallo stato italiano, dove vigevano ancora le classi sociali e dove le vicissitudini potevano portare un pastore a darsi alla macchia per non soffrire fame. In pieno boom economico De Seta preferisce concentrare la macchina da presa sugli ultimi della società, sui dimenticati e indagare quelle realtà distanti dalla civiltà consumistica e ancora dominate da una legge di natura.
Nel film, Michele Cossu è un pastore del paese di Orgosolo, nella regione sarda della Barbagia, che vive con il fratello minorenne Giuseppe. Quando un carabiniere viene ucciso da alcuni banditi in uno scontro a fuoco, Michele viene ingiustamente accusato e deve darsi alla fuga. Le circostanze avverse e le necessità lo porteranno a trasformarsi egli stesso in un bandito.
“Ricordo distintamente di aver visto Banditi al New York Film Festival all’inizio degli anni Sessanta. – ha dichiarato Martin Scorsese – Uno dei film più insoliti e straordinari che avessi mai visto. La storia è semplice: un pastore, accusato di un crimine che non ha commesso, è braccato in un paesaggio arido e silenzioso. Il suo gregge muore di fame e lui, ormai ridotto alla miseria, è costretto a diventare un bandito. Ma il film è anche la storia di un’isola e della sua gente. Ambientato sulle montagne della Barbagia, in Sardegna, il film rivela un mondo arcaico, incontaminato, dove la gente si esprime in un dialetto antico e vive secondo leggi preistoriche, considerando il mondo moderno estraneo e ostile. In loro, De Seta riscopre le vestigia di una società antica attraverso la quale risplende una nobiltà perduta. Lo stile del film mi colpì profondamente. Il Neorealismo era stato portato a un livello superiore, nel quale il regista partecipava a tal punto alla narrazione che la linea di demarcazione tra forma e contenuto era stata annullata ed erano gli eventi stessi a definire la forma. Il senso del ritmo di De Seta, il suo uso della macchina da presa, la sua straordinaria abilità nel fondere i personaggi con l’ambiente circostante, furono per me una completa rivelazione. Era un antropologo che si esprimeva con la voce di un poeta.”
Il film diretto da Vittorio De Sica nel ’61 è stato restaurato in 4k da Cinecittà e Filmauro, con la supervisione di Andrea De Sica. Per l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma, le parole del nipote e del figlio, Brando e Christian De Sica
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