Avati e la “bruttina” verso la Mostra di Venezia


P.AvatiPupi Avati ha battuto il suo primo ciak il 12 settembre 1968, sul set di Balsamus e ora festeggia il suo 40° anniversario di carriera con un film “commovente”, il “più amato” dal regista bolognese. Protagonista è una famiglia, ma in particolare un padre (Silvio Orlando) e una figlia (Alba Rohrwacher), in una Bologna a cavallo tra il 1938 e il 1954 “che ancora trasuda povertà”. Quei luoghi il regista li conosce bene perché ci è cresciuto e anche se il film – il 36° – non è autobiografico, Pupi ha fatto comunque ricostruire a Cinecittà la casa della propria infanzia, assolutamente identica a quella vera. Il film, prodotto da Antonio Avati (con un budget di circa 3 milioni e mezzo di euro) e da settembre distribuito da Medusa, sembra pronto per sbarcare alla Mostra del Cinema di Venezia.

“Se verrà selezionato sarei davvero contento perché ci tengo moltissimo al Festival di Venezia – ha svelato il regista – A Venezia sono stato tante volte e mi ha sempre portato fortuna. Insomma, non ho nessun imbarazzo a dirlo: porterò il film in selezione, poi certamente sarà la commissione a giudicare. Nella pellicola ho voluto ricostruire la mia casa d’infanzia, perfettamente identica alla realtà, dalle dimensioni del pianerottolo al pavimento, al cortile, un interno medio-borghese, perché il mio immaginario ha trovato maggiore spazio per esprimersi laddove avevo abitato da bambino, proprio quando la fantasia è più florida. Rievocando quel passato, scrivendo e persino girando certe scene, ho pianto e non me ne vergogno, perché abbiamo realizzato un film di grande cuore, al di là del noir che sembra uscito da un fatto di cronaca vera. Quello che più mi ha commosso è la figura del padre, nel quale mi sono identificato, è un padre generoso perché resta sempre accanto alla figlia, straordinario e del tutto diverso dal genitore inadempiente e distratto che avevo raccontato in La cena per farli conoscere. Le nuove generazioni vivono un presente svuotato di attese, li abbiamo privati dei sogni, me ne accorgo quando i giovani attori vengono da me, e spesso sono i primi a non credere alla possibilità di essere scelti: pensano che ce la facciano soltanto i raccomandati, così trovano l’alibi al loro insuccesso. La protagonista del film è una bruttina vera, come quelle che esistevano ai miei tempi e che oggi invece non si vedono più: la mia generazione è stata ossessionata dalla bellezza femminile nel bene e nel male. Oggi le cose sono diverse e a me sembra addirittura strano che i giovani colgano oggi prima l’intelligenza di una donna e non la sua fisicità e che riescano persino a diventare solo amici di una signora. Per noi all’epoca questi erano atteggiamenti impensabili”.
La storia sembra ritrarre la drammatica realtà di una odierna cronaca nera che riporta purtroppo sempre più spesso aghiaccianti omicidi. Nel film il professor Michele Casali (Orlando) è padre di una ragazza poco attraente (Alba Rohrwacher), che adora e protegge in modo morboso, al punto di procurargli un ragazzo che fa finta di amarla e corteggiarla in cambio dei buoni voti che il professore gli fa avere a scuola.

Per Orlando, “il papà di Giovanna è un uomo che si sente responsabile di ciò che capita alla propria figlia, col senso di colpa per non aver saputo comprendere il suo disagio, il genitore è un mestiere difficile, alle soglie dell’impossibilità”. Mentre Francesca Neri interpreta la bella Delia, la madre della ragazza, un personaggio complesso, che viene emarginato dalla complessa dinamica tra il padre e la figlia e anche nel film l’adolescente Giovanna, che poi uccide la sua compagna (Valeria Bilello) perché è più bella e le ha rubato il fidanzatino, è sempre vista con gli occhi amorevoli del padre, con uno sguardo pieno di compassione, anche quando la figlia omicida viene mandata nel manicomio psichiatrico di Reggio Emilia.
Nella pellicola recitano anche Ezio Greggio, per la prima volta nel ruolo drammatico di un affascinante poliziotto, amico e vicino di casa della famiglia protagonista, sposato con una donna sulla sedia a rotelle (Serena Grandi) che non disdegna di tradire: “E’ la prima volta che interpreto una parte drammatica e spero di poter lavorare di nuovo con Pupi – ha detto Greggio -. Cerco di essere sempre bravo quando lavoro, ma devo dire che sul set c’è stata qualche difficoltà. In una scena è bastata una mia piccola ironia e Avati si è messo a ridere. Abbiamo dovuto rifare tutto. Ora che sono impegnato nel programma televisivo per la selezione delle nuove veline, consiglio alle ragazze di proporre, oltre alla loro bravura di ballerine e alle loro doti fisiche, soprattutto una personalità, è solo quella che mantiene il successo a lungo nella vita professionale”.

06 Giugno 2008

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