Alex Gibney: “Abusi sui minori? La Chiesa è stata sorda”


Alla vigilia dell’intronizzazione di Papa Francesco e a poche settimane dalle dimissioni di Benedetto XVI, arriva nelle sale italiane con Feltrinelli Real Cinema dal 20 marzo (e dal 17 aprile in dvd) Mea maxima culpa Silenzio nella casa di Dio, il documentario del premio Oscar americano Alex Gibney che, a partire dalla testimonianza delle vittime del prete pedofilo di Milwaukee, padre Lawrence Murphy, direttore di un collegio per non udenti dal 1963, violentatore di almeno duecento ragazzi, si fa duro atto d’accusa sull’omertà della Chiesa cattolica. Un film che arriva fino al cuore del Vaticano, tirando in ballo anche Joseph Ratzinger, sia come capo della Congregazione per la dottrina della fede e destinatario di tutte le denunce per pedofilia, sia come pontefice. Ma anche Giovanni Paolo II, in particolare per i suoi rapporti cordiali con il fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel, colpevole di numerosi abusi.

 

Per presentare il film, accanto al regista anche tre vaticanisti: Marco Politi, Robert Mickens e Laurie Goodstein, mentre un’interprete per sordomuti traduce domande e risposte. Ed è proprio nelle comunità per non udenti, in America come a Verona (nell’istituto Provolo), che si sono verificati casi particolarmente odiosi di violenza sui minori. Una ulteriore copertura erano infatti proprio le difficoltà di questi ragazzi, che a volte non riuscivano bene a comunicare neppure con i propri genitori. Ma la resistenza a denunciare nasce da complessi meccanismi psicologici. Spiega Laurie Goodstein del ‘New York Times’: “Le vittime provano vergogna e si sentono in colpa. A volte quel prete era il loro insegnante preferito, una persona molto vicina alla loro famiglia, un punto di riferimento, inoltre poteva usare la minaccia dell’inferno, se avessero parlato”. Padre Murphy perpetrava i suoi crimini addirittura in confessionale. “Chi è riuscito a denunciare questi fatti – prosegue la giornalista – ha mostrato grande coraggio. E non l’ha fatto per avere un risarcimento, ma per proteggere altri bambini”.

Tutti sperano in una svolta nell’atteggiamento del Vaticano: “Papa Francesco – dice Politi, che vorrebbe scrivere un testo teatrale a partire dai casi italiani – vuole una chiesa povera e per i poveri. Ma chi è più povero di questi bambini violentati? Benedetto XVI ha lottato contro la pedofilia ma si è arenato sul tema della trasparenza. Non ha aperto gli archivi vaticani e diocesani. Nella Chiesa italiana c’è molta inerzia in questo senso, mentre in altri paesi, in Belgio e Germania sono state aperte inchieste e ci sono strutture con psicologi laici a cui una vittima può rivolgersi”. Prosegue Gibney: “La società civile ha un ruolo fondamentale, a lungo è stata connivente nel mantenere il silenzio. Finché qualcuno non ha avuto il coraggio di far sentire la propria voce. Grazie a questo sono venuti fuori dei documenti”. L’Italia è particolarmente indietro, rivela Politi. “Calcoliamo almeno 3.000 casi nascosti. Ci sono 200 diocesi e solo quella di Bressanone ha aperto un’inchiesta rivelando 15 casi negli ultimi 40 anni”.

C’è ancora chi nega, dunque. Gibney racconta delle email di insulti ricevute in America, dove il film è uscito in sala ed è andato in onda sulla HBO, dopo l’anteprima al Festival di Toronto. Ma ha disturbato rappresentanti della Catholic League. “Non l’hanno visto, ma mi scrivono che andrò all’inferno. Dai vescovi non c’è stata nessuna reazione, però alla prima a Milwaukee, dove il documentario è stato visto da 1.200 persone tra cui molti preti e tanti cattolici, felici che avessi tenuto separati questi casi dalla fede, l’arcidiocesi ha perso l’occasione di affrontare il problema considerandolo una vecchia ferita che non è il caso di riaprire. Invece per le vittime è stato un momento di guarigione e di riscatto”.

 

Gibney, educato alla fede cattolica ma non più praticante, chiede alla Chiesa un atto di contrizione. “I numeri sono impressionanti, ma al centro del mio film c’è il lato umano della sofferenza, che va ascoltato. Ratzinger in quanto capo della Congregazione per la dottrina della fede era la persona sulla cui scrivania arrivavano tutti i casi, dal 2001 in avanti. È la persona più informata al mondo e le sue dimissioni sono state l’atto più potente del suo intero pontificato. Ha riconosciuto di non essere in grado di affrontare questioni brucianti come questa. Ha così ammesso di essere un uomo”. Per il documentarista è la stessa idea della superiorità del clero a rendere possibile tanta chiusura. “La santità crea la possibilità di una corruzione più grande. Con Wojtyla ci siamo andati molto vicino e nel film ho messo in luce le sue ombre. E’ un papa molto amato dai cattolici eppure ha coperto Maciel”.

 

E’ d’accordo con lui Robert Mickens. “Va smontata l’idea del sacerdozio come di qualcosa di elevato. Francesco è a suo agio con la gente. Parla come una persona normale, porta scarpe normali, va in metropolitana. In lui possiamo sperare”. Una speranza anche per i tanti bambini cresciuti con questo terribile segreto.

autore
18 Marzo 2013

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