ALESSANDRO D’ALATRI


Se pensate che la quarta prova del regista romano Alessandro D’Alatri, Casomai, sia una variante dell’Ultimo bacio di Gabriele Muccino siete fuori strada. “Non è un film generazionale, anche se la vicenda raccontata ha per protagonisti due trentenni. E’ una storia universale, senz’età” spiega la sceneggiatrice Anna Pavignano, collaboratrice storica dei film di e con Massimo Troisi, a cominciare da Il postino.
Stefania/Stefania Rocca e Tommaso/Fabio Volo, al suo debutto cinematografico, lei una truccatrice, lui un creativo sono la coppia felicemente sposata in un’effimera Milano della moda e della pubblicità. Ma in una città d’infelici invidiosi della serenità altrui la loro unione vacilla forse perché sono degli outsider. Le tante difficoltà provocate da amici, colleghi di lavoro e parenti mettono a dura prova la loro intesa. Del resto, come ricorda il regista, i matrimoni durano più a lungo in Basilicata. Resistono di meno quelli celebrati in Valle d’Aosta.
Il film, realizzato in 10 settimane con un costo di 7 miliardi, è prodotto da Rai Cinema e distribuito dalla 01 Distribution, e uscirà il prossimo 30 aprile in 70 copie.

Come è nata l’idea di Casomai?
Anna ed io abbiamo cominciato a parlarne durante la selezione delle sceneggiature che concorrevano al Premio Solinas. Il cinema che prediligo è quello che parte dall’osservazione dei comportamenti e oggi è evidente il senso di malessere dei sentimenti, che sembrano contenere un timer pronto a esplodere. Abbiamo così lavorato sulle coppie che vanno in crisi, che si separano, chiedendo anche la collaborazione di avvocati. Questo è il film più politico che ho fatto, s’occupa di quello di cui la politica non s’occupa: la vita delle persone.

Ma la crisi di Stefania e Tommaso ha ragioni al di fuori del loro rapporto?
Sì, il precipizio che s’apre davanti alla coppia è causato dall’esterno. Oggi due che si amano sono destabilizzanti, quasi pericolosi. Così è difficile stare bene in un humus che ti è ostile. Del resto tutto quello che viene veicolato rispetto ai sentimenti e alla coppia riguarda il tradimento, il gossip, la trasgressione. Ma la cosa più trasgressiva è essere normali, come Stefania e Tommaso.

E i figli?
Avere 1 o 2 figli ti costa come 1 o 2 Ferrari. I figli sono diventati un fastidio, un ingombro. Non siamo preparati alla famiglia.

Perché la scelta di don Livio, il prete che, sposando i due, li mette di fronte alle difficoltà che li aspettano?
All’inizio Anna e io avevamo pensato al personaggio del Grillo parlante di Pinocchio, ma questa scelta si è subito rivelata impraticabile sul piano della realizzazione. La voce scomoda della coscienza è stata allora affidata a un sacerdote, a un uomo che sta ai margini, che vive coerentemente con quel che pensa.

Questo aiuterà il film a piacere ai cattolici?
Perché dovrebbe piacere solo al mondo cattolico? Finalmente sono caduti i muri, si può parlare in maniera diretta alla gente. Tutto è diventato binario: o stai con Bin Laden o con Bush, o con D’Alema o con Berlusconi. Mancano le sfumature, eppure il bianco e il nero non esistono senza i grigi.

Come è avvenuta la scelta dei protagonisti?
Avevo conosciuto Stefania Rocca al Centro sperimentale, l’ho vista poi interpretare personaggi femminili forti e trasgressivi. Ho voluto sperimentarla in una nuova dinamica interpretativa completa: single, fidanzata, moglie e madre. Quanto a Fabio Volo è stata il personaggio di Tommaso a condurmi a lui. Mi piaceva la sua spigliatezza, l’ironia e una maschilità evidente, ma al tempo stesso fragile.

Elisa canta due canzoni, “Dancing” e “Heaven out of hell”, per il film. Come è avvenuto l’incontro con lei?
La partecipazione di una delle voci più potenti della musica italiana è nata per caso. Caterina Caselli mi ha fatto sentire in anteprima il suo album e così è iniziata la collaborazione, in particolare il videoclip di “Then comes the sun” con le prime immagini del film. Comunque ho voluto una colonna musicale non tradizionale, ho cercato ritmi latini, contaminati da sonorità europee, che si richiamassero alla tradizione della commedia all’italiana.

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