Aldo Iuliano: “in questi momenti bui, ‘Dive’ è un tuffo nell’innocenza”

Dive, unico cortometraggio italiano in Concorso a Orizzonti, è il nuovo film di Aldo Iuliano, che ancora una volta riesce a condensare in pochi, essenziali, minuti le sensazioni più vibranti e sincere


VENEZIA – Due adolescenti su una spiaggia vivono l’emozione più pura: la spensieratezza della giovinezza. Intorno a loro una minaccia terribile, che cercano di dimenticare cantando, ballando e tuffandosi nelle acque del mare. Dive, unico cortometraggio italiano in Concorso a Orizzonti, è il nuovo film di Aldo Iuliano, che ancora una volta riesce a condensare in pochi, essenziali, minuti le sensazioni più vibranti e sincere: l’amicizia, l’amore, la voglia di libertà.

Il film è prodotto da NewGen Entertainment (Davide Mogna), Greif Production (Fabio Canepa, Gianluca Lazzaroni), Mompracem e Daitona.

Aldo Iuliano, il film nasce, immagino, ispirato dal conflitto in Ucraina. Io ci ho letto un messaggio di speranza, come se anche nel contesto più terribile non si perdesse mai la capacità di amare, di divertirsi, di essere spensierati.

Ti è arrivato il cuore del corto. È nato tutto quando lessi l’high concept che aveva tirato fuori mio fratello, Severino. Avevamo appena finito la produzione del mio primo film Space Monkeys, diciamo che un po’ ha matchato con il mio desiderio di volere raccontare un po’ questi momenti bui che stiamo vivendo, dove continuamente si parla di odio e conflitto. Un po’ a contrasto, come il cinema ci insegna volevo fotografare un momento d’amore. Quale cosa migliore di raccontare il magma interiore c’è tra due adolescenti, magari in un momento spensierato su una spiaggia. Severino vide dei video di operazioni militari che stavano avvenendo in quei territori, poi io avevo fatto delle ricerche, ci sembrava così assurdo che la quotidianità venisse così irrimediabilmente compromessa. Io ho tolto il tempo dal mio film. Magari si potesse fare nella realtà, dove invece non si torna più indietro.

Il corto è quasi interamente muto che gli dà un carattere universale.

Sì, perché di base quando conosci così tanto una persona, come si dice, non c’è bisogno di parlare. Ho estremizzato con il cinema questa cosa qui: quello che provavano quando si toccavano, quando si guardavano, però ho giocato con le lingue anche con la sceneggiatura. Abbiamo fatto un viaggio linguistico.

Anche con la canzone italiana che i protagonisti ascoltano a un certo punto: Mamma Maria dei Ricchi e Poveri. Come l’avete scelta?

Calandoci in quel momento e pensando quale canzone spensierata potesse distrarre questi ragazzi. Dietro c’è anche un po’ di backstory, perché quel gruppo musicale è molto conosciuto in quei paesi. Abbiamo cercato di creare dei piccoli link. Il corto non racconta la backstory dei personaggi ma abbiamo raccontato per immagini e con questi suoni conosciuti.

E gli attori?

Danyil e Veronika li ho conosciuti in Italia, loro sono ucraini. Hanno fatto un percorso di studio in recitazione, sono bravissimi e, soprattutto, sono amici, che è uno dei motivi per cui li ho scelti. Perché hanno un’amicizia di sei anni, è meraviglioso andare a lavorare tra materiale umano vero e poi ecco il cinema è la loro professione.

Cosa vuol dire lavorare a un cortometraggio al fianco di due mostri sacri come Ciprì alla fotografia, e Spoletini al montaggio?

Loro sono sempre un grande apporto creativo perché siamo una piccola famiglia cinematografica. Mi accompagnano dal corto Penalty, poi anche in Space Monkeys. Io, Daniele, Severino e Marco parliamo della storia tutti insieme e da lì capiamo dove dobbiamo andare.

C’è anche un elemento forte nel film, quello del cane. Si dice che per un regista è sempre difficile lavorare con bambini e animali è sempre complicato. Perché era così essenziale avere questo cane in Dive?

Questo corto parla di innocenza e non c’è niente di più innocente di un animale che passa, che cerca non sai cosa, sta lì come uno spirito guida. Chissà? È bello creare delle domande allo spettatore. Non mi piacciono i film che ti danno delle risposte. Quello che mi auguro nei film che scriviamo io e Severino e di muovere dentro qualcosa nello spettatore, una sorta di risveglio dell’umanità, anche usando scene forti. Tentare di non dare un giudizio su quello che accade, ma far riflettere.

Sei reduce dal tuo primo lungo, Space Monkeys, ora torni al cortometraggio in questa splendida cornice veneziana. In che fase della tua carriera di regista sei e cosa ti aspetti nel prossimo futuro?

Per me il corto è un piccolo film, non vedo proprio la differenza. Lo stesso tipo di lavorazione di un lungo lo metto per un corto. Ho una nuova storia e non vedo l’ora di raccontarla. Spero di partire subito con un nuovo progetto che segue le linee guida che ci siamo dati. Sarà un lungometraggio che parla dell’importanza di non arrendersi mai, che in questo periodo storico è importante. Ma lo vorrei fare cambiando genere perché il genere lo sceglie la storia. Quindi in questo caso sarà un dramedy.

Lo stesso target di Space Monkeys?

Ogni film è un tuffo. Ancora non mi ci sono tuffato e non so che forma avrà, ma lo vedo già a livello emotivo. Quella è la principale direttiva. Come con Dive, mi sono lanciato insieme agli attori e poi ho costruito tutto il resto. Però lo vedevo e quando vedo una cosa sono sicuro che riuscirò ad afferrarla. Non ho la certezza ma bisogna lanciarsi con coraggio nei film, che adesso si fanno un po’ in maniera industriale. Dovremmo tornare a farli con il cuore.

02 Settembre 2023

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