Alice Rohrwacher, Alba Rohrwacher, Roberto Andò, Maria Chiara Giannetta, Greta Gasbarri, Tommaso Santambrogio, Santi Pulvirenti, Domenico Monetti, Luca Pallanch, sono tra gli ospiti dei Cinematografo Awards, il 15 dicembre al Barberini di Roma.
I riconoscimenti sono attribuiti dai giornalisti e critici della Rivista del Cinematografo (il più antico magazine italiano di critica cinematografica). Viene consegnato anche il Premio Toni Bertorelli Controluce, il riconoscimento nato per rendere omaggio a un attore raffinato, che va quest’anno a Fausto Russo Alesi e Linda Caridi. I vincitori sono stati designati da un comitato di amici e colleghi che con Toni Bertorelli hanno condiviso alcune esperienze della loro vita artistica: Marco Bellocchio, Valeria Ciangottini, Steve Della Casa, Fabio Ferzetti, Marco Tullio Giordana, Mario Martone, Davide Milani e Luca Pallanch, con la supervisione di Barbara Chiesa. I premi sono appositamente realizzati dall’attore e artista Giorgio Crisafi.
I VINCITORI E LE MOTIVAZIONI
Un domani si parlerà del “cinema di Alice Rohrwacher” come oggi facciamo riferendoci ai maestri che furono, rinvenendo l’idea di un universo iconico e riconoscibile, capace di suscitare rimandi non solamente “visivi” ma anche appigli inerenti gli altri sensi. Un cinema di terra e polvere, di natura e vuoto, popolato da personaggi fatti di carne e anima, sbilenchi ma veri, radicati eppure errabondi. Con La chimera, la regista scava ancora una volta nelle pieghe di un cinema sospeso, tra presente e passato: archeologa dell’immagine – e della sua assenza – sa riesumare l’essenza di quel legame indissolubile tra il sopra di oggi, di ieri e il sotto di epoche remote ancora custodite nel sottosuolo, quel chimerico equilibrio che ogni giorno tentiamo di stabilire tra l’esistente e l’esistito, tra il visibile e l’invisibile. Alla ricerca di quel filo rosso che li unisce per sempre.
Letteratura, cinema, teatro, lirica e televisione, non c’è campo che Roberto Andò non abbia dissodato, provando il piacere di essere un altro rimanendo sé stesso. Il grande pubblico l’ha incontrato con La stranezza, che prendendo da Pirandello ha restituito la sua cifra costante: l’umanesimo. Tra memoria e volontà, con libertà – anzi, Viva la libertà – e dignità, ha asseverato una poetica laterale, di scorcio e di sguincio, sugli affari antropici, le suggestioni intellettuali, le sprezzature dotte. Eternando il primo privilegio d’uomo, dare il nome alle cose, s’è prodotto Sotto falso nome, ha rivendicato Una storia senza nome, sempre confidando nelle sorti magnifiche e progressiste del racconto. Tra palco e realtà, proiezione e atto, il suo garbo rimanda passione, che è “una parola chiave non solo per la politica, anche per la vita”.
Grazie a una protagonista femminile carismatica e fragile, sfrontata e introspettiva, magistralmente interpretata da Maria Chiara Giannetta, Blanca affronta il tema della disabilità rifuggendo ogni facile sentimentalismo. Nell’universo narrativo della serie trovano spazio la capacità di dover accettare gli eventi negativi e la potenza salvifica delle seconde possibilità. Ribaltando i canoni della fiction italiana, Blanca è una serie di rottura, capace di innovare nel solco della tradizione.
La perdita della memoria, dei ricordi, ma soprattutto la possibilità di una continua interazione con i fantasmi del nostro immaginario: imitare Monica Vitti sarebbe impossibile, Alba Rohrwacher, la sua Monica – personaggio creato per lei da Roberta Torre – ne insegue piuttosto il senso, catturandone il mito. Donna che sta perdendo se stessa, si ritrova nella donna che in fondo ha interpretato tutte le donne possibili e immaginabili, senza stereotipi, con infinita umanità. Stabilendo con lei un legame non solo teorico, che trascende il film stesso.
Tommaso Santambrogio prende l’omonimo cortometraggio che lo aveva lanciato alla Sic e lo dilata ben oltre la sua durata. Non c’è solo la bella love story tra Alex ed Edith, ma altre linee narrative che moltiplicano le risonanze affettive e le note dolenti di un unico, lungo addio. Una lettera d’amore a Cuba piena di rimpianto e di cinema, di fotografia e di disperazione della materia. Un’opera prima che conferma la vitalità degli expat italiani e suggerisce che il futuro del nostro cinema potrebbe forse iniziare altrove.
Al debutto sul grande schermo, Greta Gasbarri colpisce al cuore con un’interpretazione sorprendente: un’adolescente come tante, figlia amatissima e amica fedele, convinta di vivere il sogno del primo amore e in realtà intrappolata nell’incubo di una relazione tossica, dominata da crudeltà, manipolazione, possesso e violenza. Così autentica e profonda da impreziosire un film urgente, necessario, tristemente contemporaneo.
Respiri affannosi e battiti, echi di polizieschi e horror anni ’70, la partitura concepita da Santi Pulvirenti per il crime thriller notturno diretto da Andrea Di Stefano accompagna ed esalta la cifra asfissiante e misteriosa del film, in un crescendo vorticoso fatto di clavicembali e archi, synth e prog che non lascia indifferenti. Con la vetta straordinaria di The Mechanics of Amore, traccia che diventa personaggio aggiunto nella scena clou all’interno del tunnel, climax massimo dell’intero film.
Nazisti in parata e cessi poliziotteschi, Nanni Moretti “simpatico” e la Coca (Cola) di Aurelio De Laurentiis, psichiatri presi a botte e il film di Marco Bellocchio con… Richard Gere. Sono le storie e leggende dei produttori italiani dal Dopoguerra alle tv private, censite e raccontate in uno – non esageriamo – dei più bei libri-intervista di cinema mai realizzati: Per i soldi o per la gloria, firmato dagli studiosi del Centro Sperimentale di Cinematografia Domenico Monetti e Luca Pallanch.
I premi sono realizzati da Lucio Minigrilli.
La regista riceverà il premio per La Chimera il 13 novembre, con la proiezione del suo nuovo cortometraggio Allégorie citadine e un incontro
La motivazione del riconoscimento: “è un approccio sorprendente, commovente e innovativo al tema molto delicato dell'adozione”
"Costruisce ponti fra culture, generazioni e popoli”, si legge nella motivazione del riconoscimento, che per la prima viene attribuito a un regista che “si muove tra il più sofisticato cinema d'autore e l'attenzione per il pubblico”
La premiazione si terrà il 3 dicembre presso la sala Lo Schermo Bianco di Bergamo. La giuria include figure di spicco come la produttrice Elisabetta Olmi e il critico cinematografico Massimo Lastrucci