Alaska: la corsa all’oro di Elio Germano

"Viviamo in un mondo in cui la felicità è raggiungere un traguardo scavalcando il prossimo, la ricchezza è sempre a danno di qualcun altro", così il protagonista parla di Alaska di Claudio Cupellini


“Un film spudoratamente romantico, emotivo, nel quale l’amore rappresenta un atto rivoluzionario e di resistenza”. Claudio Cupellini definisce così il suo Alaska (Selezione ufficiale), dal 5 novembre in sala con 01, girato dopo aver firmato diversi episodi della serie tv Gomorra 1 e 2, e il noir Una vita tranquilla. Per il protagonista Elio Germano è “un film fatto di pancia, di viscere, che riguarda la sfera dell’irrazionale”.
Sullo schermo la storia romantica di due giovani, senza radici, alla ricerca di un felicità che scopriranno solo alla fine essere effimera. Tra alti e bassi della loro esistenza Fausto, Elio Germano, e Nadine, Astrid Bergés Frisbey (I pirati dei Caraibi), si danno amore, lo gettano via e di nuovo lo reinventano. Sfidano il mondo ostile con il miraggio di una vita agiata, prigionieri dell’affermazione sociale a tutti i costi, inconsapevoli della fortuna più grande che possiedono: l’amore appunto.
Fausto è un italiano che s’arrangia a Parigi con un lavoro da cameriere in un hotel a cinque stelle. Nadine è una ventenne, alla ricerca di una carriera da modella. Entrambi fragili e determinati, non possiedono nulla, si riconoscono, si sentono simili. Inutilmente cercheranno il tanto desiderato oro.
Il titolo del film, oltre a richiamare il locale notturno mostrato nel film, si collega infatti alla conosciuta rincorsa all’oro in quella terra fredda dove si cadeva e ci si rialzava. Una terra lontanissima e agognata, ma dove non si arriva mai. All’inizio il film s’intitolava I principianti (di fronte alla vita), ma questo titolo è stato poi abbandonato perché troppo didascalico.

Per Cupellini i desideri, le ossessioni, le frustrazioni di Fausto e Nadine fanno parte del nostro tempo, “le sento come un nervo scoperto”. La storia ha una struttura circolare già presente in Una vita tranquilla. “Alaska si chiude come avevamo aperto, ma con ruoli invertiti e narra un disequilibrio tra Fausto e Nadine”.
Il cosceneggiatore Filippo Gravino parla di personaggi ambiziosi che lottano per avere un loro posto nel mondo scambiandolo per la felicità. Il loro è un zigzagare in un dedalo di ostacoli.

“Fausto non riesce a controllare le sue emozioni, è scomodo in un mondo che chiede controllo e freddezza. Lui e Nadine trovano un centro passando per tutti gli estremi possibili – afferma Germano – Viviamo in un mondo in cui la felicità è raggiungere un traguardo scavalcando il prossimo, la ricchezza è sempre a danno di qualcun altro. Alla fine Nadine e Fausto scoprono che la felicità sta nel dare a qualcuno e non nel prendere a qualcuno. Imparano quanto contano quei sentimenti ritenuti scomodi nella ricerca di carriera e denaro”.
Germano ha interpretato Fausto restituendone l’imprevedibilità e l’inconsapevolezza. Lui e Nadine sono mossi da questa vitalità che viene prima delle loro scelte. Non si sente prigioniero di personaggi drammatici. “Ho interpretato anche commedie come L’ultima ruota del carro o N (Io e Napoleone) che non sono andate benissimo, ce la metto comunque tutta e ho anche altri progetti. Come li scelgo? Sulla base della sincerità del progetto e dei rapporti umani”.

Germano è contro le tecniche, i manuali dell’attore, non crede nel metodo, ciascuno deve scoprire le proprie capacità, Non c’è un modo, ogni film è a sé. “Credo che il massimo per un attore sia sparire nella storia, in modo che il pubblico veda solo il personaggio. Questo film è fatto di personaggi vivi, di carne e ha richiesto un lavoro sulle lingue, una preparazione approfondita per restituire l’imprevedibilità dei personaggi. Fausto e Nadine sono scissi, non hanno la verità in tasca e ogni volta vengono trascinati in direzioni diverse”.

Il film, del cui cast fanno parte anche Valerio Binasco e Elena Radonicich, è prodotto da Indiana Production con Rai Cinema, in co-produzione con la francese 2.4.7. Films. Anche se è ambientato tra Milano e Parigi, le riprese si sono svolte, con il sostegno della BLS-Film Fund&Commission dell’Alto Adige, nel carcere di Bolzano, a Merano nella vecchia caserma Francesco Rossi e nel “Pavillon des Fleurs” del Kurhaus di Merano, un salone famoso per il suo stile art noveau.

23 Ottobre 2015

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