AI, doppiatori: “Non siamo luddisti ma vogliamo garanzie”

Primo appuntamento alla Casa del Cinema con i convegni organizzati da SIAE alla Festa del Cinema di Roma


ROMA – Lo diceva anche Hitchcock – “un film sottotitolato perde il 15% della sua forza, un film doppiato solo il 10%” – lo ripete anche Netflix: il doppiaggio non solo è utile, ma è spesso preferito e continua ad aiutare molto la popolarità dei contenuti. Anche nel mondo del doppiaggio si fa però strada la sempre più lunga ombra dell’intelligenza artificiale, “la grande sfida del nostro tempo” specifica il sindaco di Roma Roberto Gualtieri introducendo in Sala Cinecittà alla Casa del Cinema il primo appuntamento dei convegni organizzati da SIAE alla Festa del Cinema di Roma 2023. “È significativo che il cinema sia uno dei terreni in cui questo grande tema esplode. Il doppiaggio consente il diritto a tutti di comprendere grazie alla qualità dei nostri professionisti”.

“Il fatto che il tax credit non sia accessibile a chi fa uso di Intelligenza Artificiale – conclude Gualtieri – significa che per noi è una priorità perdere il nostro patrimonio di competenze”.

I doppiatori, italiani e non solo, chiedono però garanzie messe nero su bianco, una tutela reale dal pericolo di essere sostituiti da un software. “Noi stiamo tentando di inserire nel contratto nazionale dei doppiatori un articolo che tuteli attori e dialoghi, coloro che scrivono i testi” spiega durante il convegno Marina D’Aversa, Componente Commissione Cinema SIAE. In Italia esiste la tutela di un contratto nazionale, un’eccezione in Europa e nel mondo. “Mantenere questo contratto è fondamentale – prosegue D’Aversa – ma la questione è la seguente: non vogliamo dare in pasto all’intelligenza artificiale i nostri copioni per alimentare il suo funzionamento. La committenza spesso chiede questo, perché chiaramente vuole usare l’AI”.

La Commissione Cinema SIAE ha incontrato in questi giorni l’ANICA per parlare del nuovo contratto  doppiatori e se “l’aspetto economico è praticamente chiuso”, racconta D’Averso, “rimane ancora aperta però la trattativa sull’articolo relativo all’uso dell’intelligenza artificiale. Noi abbiamo presentato una proposta all’ANICA, nella quale inseriamo il concetto di machine learning e ai. La controparte su questo resiste”.

Francesco Vairano, Presidente dell’Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi, ha esposto i propri timori in merito, sottolineando come siano le “lavorazioni normali come documentari o serie” a essere oggi in pericolo. “Dobbiamo trovare un accordo a livello europeo per mettere un freno e capire questa tencologia: mi rifiuto di credere che possa inventarsi ‘ululì ululà’ per adattare Frankestein Jr come ho fatto io, ma il nostro lavoro è a rischio perché è fatto di molte situazioni diverse”.

C’è chi questo strumento lo sta testando, un po’ per curiosità, un po’ per timore. “Ho interrogato una volta ChatGPT per un lavoro”, racconta il Presidente di ADID – Associazione Italiana Direttori di Doppiaggio – Rodolfo Bianchi. “Gli ho descritto la scena ma non ce l’ha fatta. Ormai però non siamo più nel ‘cogito ergo sum’, ma nel ‘calcolo ergo sum’.  Noi vorremmo che le nostre soluzioni creative non finiscano dentro un data set che alimenta l’intelligenza artificiale”.

L’apporto umano – creativo – all’adattamento delle opere è qualcosa difficile da replicare. Ma in futuro l’AI potrebbe evolvere ulteriormente, raggiungendo l’umano anche su questo terreno. Gli ospiti del panel riferiscono di situazioni in cui solo un’individualità, e non un algoritmo, ha potuto risolvere problematiche che avrebbero impedito al pubblico di capire un’opera. Si va dal ritmo di Pulp Fiction ai geniali testi di Mel Brooks, portati in italiano grazie alla capacità degli adattatori di integrare il testo originale con la possibilità di portarlo al pubblico italiano. “Scrivere dialoghi significa vivere il film” specifica Vairano, “l’AI invece è un Moloch nel quale vengono messe tonnellate di parole ogni giorno che vengono assimilate e messe insieme con una certa logica, ma non potrà mai fare quello che ho fatto io in certe situazioni”.

Alessandro Cavaggioni
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