E’ morto a Roma il regista Francesco Rosi, uno dei grandi del cinema italiano: Leone d’oro alla carriera nel 2012, già Leone d’oro (Le mani sulla città), Palma a Cannes (Il caso Mattei), Legion d’onore, e tributi alla carriera a Locarno e Berlino, per non parlare di Grolle, David, Nastri. Rosi sarà celebrato in una cerimonia civile lunedì mattina, 12 gennaio, a partire dalle 9, alla Casa del cinema di Roma. Alle 12 lo ricorderanno i suoi amici più cari.
Rosi nasce il 15 novembre 1922 a Napoli, figlio del direttore di un’agenzia marittima partenopea appassionato di caricature, fotografie e di cinema. Francesco si laurea in legge, anche se poi intraprende una carriera come illustratore di libri per bambini e, contemporaneamente, inizia a lavorare per Radio Napoli. Il giovane Francesco ha per amici intellettuali e politici come Raffaele La Capria, Giuseppe Patroni Griffi, Giorgio Napolitano, Luchino Visconti.
Nel 1948, Luchino Visconti lo assume come assistente per La terra trema, ma scopre che il ragazzo è portato anche per la scrittura cinematografica e così lo coinvolge nella scrittura di Bellissima (1951) con Anna Magnani. I due torneranno a lavorare insieme un’ultima volta con il capolavoro Senso (1954).
A queste esperienze si sommano quelle di aiuto regista in melodrammi come Tormento (1950) con Amedeo Nazzari, in film più d’autore come I vinti (1953) di Michelangelo Antonioni e Proibito (1954) firmato da Mario Monicelli. Da non dimenticare i lavori come assistente di Luciano Emmer (Domenica d’agosto, Parigi è sempre Parigi, Il bigamo). Nel 1952, dirige alcune scene della pellicola Camicie rosse di Goffredo Alessandrini.
Bisogna aspettare il 1958 per vederlo finalmente come unico regista sul set de La sfida che gli procura il Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia, a pari merito con il film di Louis Malle Les amants. Nel 1959, dirige Alberto Sordi in I magliari.
Negli Anni Sessanta, Rosi inaugura un nuovo filone cinematografico italiano: quello dei film inchiesta o dei cosiddetti film con argomento politico, all’interno del quale ripercorre le vite di chi ha segnato la recente storia d’Italia. Si parte con il suo capolavoro Salvatore Giuliano (1962) che ottiene l’Orso d’Argento al Festival di Berlino e il Nastro d’Argento come miglior regista. L’anno successivo con Le mani sulla città esplora le collusioni esistenti fra il mondo politico e lo sfruttamento edilizio partenopeo e ottiene il Leone d’Oro al Festival di Venezia.
Dopo la parentesi fiabesca di C’era una volta (1967), nel 1970 ritorna ai suoi temi civili con Uomini contro, tratto dal romanzo “Un anno sull’altopiano” di Emilio Lussu, in cui mette in scena in il suo impegno pacifista e antimilitarista.
Con Il caso Mattei (1971), ispirato alla morte di Enrico Mattei, Lucky Luciano (1973) e Cristo si è fermato a Eboli (1979), Rosi lancia nel panorama cinematografico una star come Gian Maria Volonté che diviene il suo attore feticcio. Nel 1975, traspone il romanzo di Leonardo Sciascia “Il contesto” dirigendo Max von Sydow e Lino Ventura in Cadaveri eccellenti.
Negli Anni Ottanta dirige in Tre fratelli (1981) Philippe Noiret, Michele Placido e Vittorio Mezzogiorno e successivamente firma l’adattamento cinematografico della Carmen (1984) di Georges Bizet con Plácido Domingo.
Del 1987 è Cronaca di una morte annunciata, tratto dal romanzo di Gabriel García Márquez, in cui riunisce un cast di volti noti del panorama europeo composto da Gian Maria Volontè, Ornella Muti, Rupert Everett, Anthony Delon e Lucia Bosè. È il 1997, quando porta sul grande schermo La tregua che gli farà guadagnare il suo ultimo David di Donatello come miglior regista.
Nel 2008, ottiene l’Orso d’Oro alla carriera al Festival di Berlino e persino la Legion d’Onore. Il 12 maggio 2012, la Biennale di Venezia lo omaggia con il Leone d’Oro alla carriera in occasione della 69° edizione della Mostra.
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