“La scomparsa di Franco Citti è un grave lutto per il cinema italiano. Attore di straordinaria intensità, legato a Pier Paolo Pasolini fin dall’esordio in Accattone, ha segnato una stagione importante della nostra cinematografia. Nel ruolo di Vittorio, così come negli altri film diretti da Pasolini, ha portato quella poesia di strada che rimarrà per sempre uno dei tratti distintivi del nostro cinema”. Così il ministro Dario Franceschini esprime il suo cordoglio per Franco Citti che, malato da tempo, si è spento all’età di 80 anni nella sua abitazione.
I funerali, si svolgeranno domani sabato, alle 12.30, nella parrocchia Santa Maria Stella Maris, in via Giorgio Giorgis a Fiumicino. Lo ha reso noto il figlio Paolo. A dare la notizia della morte è stato Ninetto Davoli. Scoperto da Pasolini nel 1961, Citti da allora diventò un volto simbolo del suo cinema, recitando anche in Mamma Roma, Porcile e Il Decameron. Nella sua lunga carriera, Citti, nato in borgata, è stato diretto anche dal fratello Sergio, morto nel 2005, e ha recitato in teatro con Carmelo Bene
“Di tutti i Citti è sempre stato l’anima più libera – dice oggi all’Ansa un amico come il regista David Grieco – ha sempre vissuto a modo suo, senza compromessi e senza cedimenti”. E da persona libera se ne è andato, lasciando tre figli, una scia di ricordi e l’incessante passione per ridare onore al maestro, Pasolini, facendo luce sulla sua morte. Dopo l’esordio da protagonista in Accattone, Franco Citti, nel 1962, riporta sullo schermo se stesso in Una vita violenta di Paolo Heusch e Brunello Rondi. L’impronta del maestro guida anche la sua recitazione: da autodidatta costruirà una carriera densa di incontri. Per Mamma Roma del ’62 Pasolini lo richiama e così sarà per Edipo re, Porcile, Il Decameron e gli altri due episodi della “Trilogia della vita”.
Ma il cinema dei Citti scrive anche una storia parallela perché il fratello Sergio lo coinvolge nel suo film di debutto, Ostia (1970) e poi, insieme a Vincenzo Cerami, nei successivi Storie scellerate (1973), Casotto (1977), Il minestrone (1981), I magi randagi (1996) , fino a firmare a quattro mani quei Cartoni animati che nel 1997 chiudono idealmente l’arco dell’eredità pasoliniana sullo schermo.
Intanto Franco Citti è ricercato per il cinema di genere (Requiescant di Carlo Lizzani nel 1967), il cinema d’impegno (Seduto alla sua destra di Valerio Zurlini, 1968), le incursioni internazionali (Il Padrino di Coppola nel 1972). Nel 1992, insieme a Claudio Valentini, si racconta in una sorta di autobiografia impressionista, “Vita di un ragazzo di vita” edito da SugarCo.
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