Alberto De Martino, nome d’arte Martin Herbert, è morto a Roma ieri all’età di 85 anni. Insieme a Enzo G. Castellari, Romolo Guerreri, Ruggero Deodato e altri maestri del cosiddetto “cinemaBis” ha avuto una seconda vita grazie alla “benedizione” di Quentin Tarantino che con i loro film è cresciuto e ha formato il suo immaginario cinematografico.
Nella sua lunga carriera aveva firmato una trentina di film da regista, quasi altrettanti da sceneggiatore ed era stato regista di seconda unità per Sergio Leone (Giù la testa). Ha attraversato i generi più diversi: il peplum, il poliziottesco, l’horror, attivo in particolare nel ventennio ’60 e ’70 quando il cinema di genere costituiva una vera e propria industria a parte.
Tra i suoi titoli più celebri lo spaghetti-western Django spara per primo, Roma come Chicago – Banditi a Roma con John Cassavetes e Gabriele Ferzetti e Holocaust 2000. Amato da Tarantino (tra i suoi preferiti Una Magnum special per Tony Saitta e 100.000 dollari per Ringo) e da Eli Roth ha partecipato negli anni a varie tavole rotonde e incontri proprio sul cinema di genere a a partire da quella storica retrospettiva veneziana curata dallo stesso regista di Pulp Fiction.
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