1993 e… la storica udienza del pool Mani Pulite con Sergio Cusani assente; gli interrogatori a Forlani e Craxi sui finanziamenti ai partiti; l’appoggio pubblico di Berlusconi a Fini come sindaco di Roma e la Lega di Bossi disposta ad aprirsi al Cavaliere; la candidatura di Alessandra Mussolini a sindaco di Napoli; un programma tv con Grillo che fa satira sui lifting di Silvio e il secondo congresso nazionale della Lega Nord / Lega Lombarda; infine, Leonardo Notte (Stefano Accorsi) che la sera del 19 dicembre 1993 viene colpito a fuoco dalla “fidanzata” Arianna (Laura Chiatti) davanti all’Hotel Jolly di Milano, dove un ristretto gruppo di fedelissimi, condotti dal “maestro di cappella” Silvio Berlusconi, intona l’inno di Forza Italia.
Ma Notte, che avevamo lasciato steso e solo sull’asfalto freddo di una Milano prenatalizia, è “un uomo morto ‘che resuscita’: si vincono le elezioni e si realizza così il sogno covato da due anni, ma pur arrivando al potere la natura dei personaggi non cambia, Notte è un cinico al potere, è stato divertente interpretarlo. Il sottobosco dei personaggi del Parlamento credo esista, immagino, auspico non fatto da assassini. I leader di oggi, da Berlusconi in poi, sono un po’ frontman, ma la vera costruzione politica si gioca nelle seconde e terze file, quelle in cui sta Leonardo Notte. È stato fatto un lavoro monumentale di scrittura e documentazione, che ha lasciato a noi interpreti grande libertà. Chi ha scritto ha regalato a noi personaggi memorabili e, anche su scala internazionale, credo un progetto del genere non esista e vada celebrato e riconosciuto” dice Stefano Accorsi, a cui come noto va la paternità dell’idea della serie, progetto originale Sky con Wildeside.
Dagli episodi 5 e 6 – mostrati in anteprima stamattina alla stampa, fotografie “ad altissima definizione” narrativa di due momenti storici apicali per la società italiana – si è potuta “sentire addosso” la capacità di questa terza serie di restituire, forte chiaro ed emozionante, il senso di quel periodo, sulla voce del personaggio interpretato da Maurizio Lombardi, summa degli adoratori di Berlusconi, che “lo adora a tal punto da morire per lui”, dice l’attore presentato in una chiave particolare, sia interpretativa che visiva, infatti parla “da morto” mentre galleggia a faccia ingiù nelle verdissime acque della Costa Smeralda. “Il mio Paolo è un po’ un Niccolò Ghedini, uno di quelli che stanno dietro le quinte: ero un testimone oculare e di me rimane la voce”, ad apertura della prima delle due puntate, rispettivamente il 25 agosto ’94 – storico incontro a Villa Certosa tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi; e i giorni 19-22 novembre ’94, dove a Napoli ci fu il summit internazionale contro la criminalità tra i grandi della Terra, a cui seguiva invito a comparire, per l’allora presidente del Consiglio Berlusconi, da parte della Procura di Milano, con l’accusa di corruzione della Guardia di Finanza.
Queste 8 puntate sono state scritte dalle stesse penne di 1992 e 1993: Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, che hanno portato a compimento “un percorso iniziato nel 2011, di cui questo è l’ultimo atto. Essendo l’ultimo capitolo abbiamo voluto accogliere lo stimolo della produzione ad alzare l’asticella dei rischi: abbiamo cambiato la struttura, sparigliando, focalizzando ogni episodio su un singolo personaggio. In alcuni episodi abbiamo scelto fatti storici, poi zoomati, lì innestando i personaggi, come nell’episodio 6, in occasione dell’incontro contro la criminalità”, dice la sceneggiatrice, a cui fa eco Lorenzo Mieli per Wildeside: “Il 2011, quando abbiamo iniziato a lavorare al progetto, era la fine del periodo berlusconiano: noi volevamo raccontare ‘una rivoluzione’. Questa volta dovevamo chiudere la storia e osare per avere la chiusura dei personaggi, perché rimanessero vivi e chiari nella loro rappresentazione. Rivoluzionari al tempo erano Berlusconi e Di Pietro, entrambi traditi e ‘ribaltonati’, come anche nella Storia attuale ricorre”.
Una storia, reale e cinematografica fatta di molti uomini, ma che conferma nella serie il profilo femminile del potere, Veronica Castello, interpretata da Miriam Leone, che in questo 1994 cambia un po’ “forma”, infatti: “Veronica da subrette trova un seggio in Parlamento: quando si dice che l’abito fa il monaco. Lì trova solidarietà in un gruppo di donne che lavorano per le donne: Veronica vede in Notte il suo mentore, ma la sua purezza maledetta la fa procedere sempre con dubbio. Quello che più mi ha insegnato questo personaggio è proprio il non giudizio, perché se si interpretasse con giudizio sarebbe un fallimento. È interessante che un personaggio come la Castello possa parlare del femminile perché è stata nei bassi fondi della femminilità: poteva essere solo cinica, come in fondo è, ma lei l’umiliazione che una donna può subire, l’ha subita. Anche a livello femminile avere un gruppo di attrici con cui confrontarmi è stato interessante”, spiega l’attrice che in questa serie svela anche il fronte più romantico del suo personaggio, quello incerto tra la scelta dell’amore per il potere e quello per un uomo, entrambi fortemente compromettenti a livello intimo. Lei è la donna chiave del Presidente e del suo consesso di uomini, un Presidente Berlusconi particolarmente protagonista nelle puntate mostrate, e efficace nell’interpretazione di un Paolo Pierobon spontaneo e non caricaturale: “È stato come una droga, facilissimo entrarci, difficilissimo uscirci. È stato un personaggio, più che interpretato, sognato, anche per le tante scene del privato. Mi diplomavo nel ‘92 alla ‘Paolo Grassi’ a Milano: mi ricordo molto bene quel periodo, ed è stato ispirante”.
Nel coro dei personaggi che la trilogia ha fatto crescere, confermato il sottosegretario leghista Bosco, interpretato da un convincente Guido Caprino, senza che sia da meno l’Antonio Di Pietro di Antonio Gerardi, così come ritorna la regia di Giuseppe Gagliardi, a cui per 1994 s’affianca quella di Claudio Noce, con cui si sono suddivisi le puntate. “Era già un copione molto divertente, abbiamo cercato di attingere ad un immaginario alla Billy Wilder, cambiando totalmente il registro formale, come le lenti vintage anamorfiche anni ’70. E ogni episodio è un discorso a sé stante” racconta il regista già dei primi due capitoli.
Sulla scena della trilogia, per la prima volta Paolo Mazzarelli per Umberto Bossi, Vinicio Marchioni per Massimo D’Alema, e Luca Zingaretti per l’allora direttore del “Corriere della Sera”, Paolo Mieli.
Nell’attesa del 4 ottobre per la prima visione tv di 1994 su Sky Atlantic, Stefano Accorsi, a chiusura di una storia creativa e produttiva, salda il cerco nel ricordo degli esordi della “sua” serie: “1992 fu presa subito da Berlino che apriva alla serialità, cosa interessante perché la nostra Storia è ricca e contrastante, poi si pensava fosse attrattiva anche per la notorietà di Berlusconi, ma un Festival come Berlino premia la scrittura, così come fa il pubblico, spesso anche molto giovane, sempre convinto dall’intensità di racconto che mescola Storia e finzione, per una drammaturgia affascinante” quella che arriva in circa 100 Paesi del mondo, territori di acquisto della serie.
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