80 anni di ‘Per chi suona la campana’, il film che fece infuriare Hemingway

Quando apparve nelle sale, a luglio del 1943, fu subito un successo enorme di pubblico. Ma, dopo averlo visto, lo scrittore Ernest Hemingway avrebbe voluto mangiarsi vivo il povero Sam Wood


Per chi suona la campana celebra i suoi 80 anni dall’uscita al cinema.

Un oceano di tempo dentro la mappa della storia del cinema che intanto ha ridefinito i suoi contorni, i suoi confini, le sue forme. Quando apparve nelle sale, il 14 luglio 1943, fu subito un successo enorme di pubblico. Non ebbe la stessa accoglienza dalla critica che demolì senza pietà l’adattamento che Sam Wood (regista tra gli altri di Goodbye Mr. Chips) realizzò in un sontuoso technicolor e con l’incandescente fotografia di Ray Rennahan, del celebre romanzo di Ernest Hemingway.

L’ira funesta di Hemingway

Il celebre romanziere, da molti definito “il più cinematografico degli scrittori del Novecento, per stile di vita e per romanzi e racconti divenuti soggetti di film”, paradossalmente detestò sempre il mondo di Hollywood, considerandolo la capitale di faccendieri senza scrupoli e senz’arte. Vedere le sue opere sullo schermo lo faceva infuriare: visse ogni traduzione in film come un tradimento del suo pensiero e della sua creatività. E tra tutti fu proprio Per chi suona la campana quello che odiò con maggior ferocia. Dopo averlo visto la prima volta avrebbe voluto mangiarsi vivo il povero Wood, considerando il regista “il vero assassino” della sua opera. Era schiumante di rabbia, secondo alcuni testimoni dell’epoca. E la sua contrarietà non si esaurì in breve tempo: per molti anni Hemingway continuerà a maledire Sam Wood, il cui solo nome gli provocava attacchi di ira. Perfino Gary Cooper, calato perfettamente nel ruolo di Robert Jordan (il soldato americano protagonista della storia), amico di lunga data di Ernest, dovrà faticare poi per riconquistare il suo affetto e la sua stima. In Per chi suona la campana manca del tutto il versante politico e anche i personaggi sullo sfondo della vicenda. “Ci sono zingari, zoppi, sordi, ubriaconi e toreri travestiti da coraggiosi guerriglieri” (si legge nella recensione di El Pais) intorno a uno straniero che finisce per innamorarsi della giovane protagonista spagnola (Ingrid Bergman), tra squarci di matriarcato e frasi tratte da illustri detti proverbiali spagnoli. Di tanto in tanto compare la guerra, ma non si capisce per chi suonino le campane, né perché, né come, essendo tutto ridotto fondamentalmente a una storia d’amore. Tra l’altro la lunghezza è fisicamente estenuante – circa tre ore per coprire meno di quattro giorni nella vita di un gruppo di persone.

Nome in codice: Hays

Come spesso accade con i film che sono basati su opere estremamente popolari come fu il romanzo di Hemingway, una comprensione completa di questo può dipendere dal fatto di aver letto il libro. Infatti, l’enfasi fondamentale del romanzo sull’amore estasiante e tragico di Robert Jordan, il dinamitardo americano, e Maria, la ragazza spagnola orfana, è stata in gran parte viziata dagli “spazi vuoti imposti” dal Codice Hays. Redatto nel 1930 e applicato in concreto dal 1933, il Codice Hays (detto anche Production Code) conteneva principi etici e indicazioni specifiche che regolavano ciò che si poteva far vedere, dire e raccontare sullo schermo. Un regolamento ferreo che interveniva sin dalla sceneggiatura imponendo tagli e modi alternativi di racconto. I tre principi fondamentali: 1) Non sarà prodotto nessun film che abbassi gli standard morali degli spettatori. Per questo motivo la simpatia del pubblico non dovrà mai essere indirizzata verso il crimine, i comportamenti devianti, il male o il peccato. 2) Saranno presentati solo standard di vita corretti, con le sole limitazioni necessarie al dramma e all’intrattenimento. 3) La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo, né sarà mai sollecitata la simpatia dello spettatore per la sua violazione.

Di conseguenza, il simbolismo dell’amore rigenerante sullo sfondo della violenza e dell’incombente prospettiva di morte, sarà a malapena comprensibile solo a chi ha letto il libro. Per gli altri, il sentimento di Robert e Maria sarà poco più che un semplice incontro tra ragazzo e ragazza, dovendo Wood trattare in modo politicamente attenuato la narrazione più personale di Hemingway, puntando tutto sull’avventura e sul romanticismo.

Il film comunque ottenne a nove nomination agli Oscar nel 1944, tra cui miglior pellicola, attore, attrice, attore non protagonista, fotografia e ne vinse uno per la migliore attrice non protagonista: la greca Katina Paxinou nel ruolo della rivoluzionaria spagnola Pilar.

Adattamenti pericolosi

Uno dei veri problemi nell’adattare un romanzo di Hemingway è che il vero genio di Hemingway non si mostrava essenzialmente nelle sue trame e nei suoi personaggi, ma nel suo stile di scrittura. Si possono prendere personaggi con gli stessi nomi e nelle stesse situazioni e metterli sul grande schermo, ma non si può mettere in scena il suo stile di prosa nitido e pulito. Inoltre, gran parte della storia è raccontata nella testa di Jordan, il che è difficile da mostrare in un film. Per chi suona la campana è una vera e propria epopea vecchio stile. I quasi 180 minuti del film iniziano con un’ouverture musicale e con un intervallo in cui l’ouverture viene riproposta. Se volete davvero conoscere questa storia, andate a leggere il libro. Ma se desiderate riassaporare il gusto più autentico della vecchia e gloriosa cinematografia hollywoodiana, allora Per chi suona la campana diventa un lauto pasto arricchito da una delle coppie di star più importanti di sempre: Gary Cooper e Ingrid Bergman, a distanza di otto decenni, sono ancora capaci di esercitare un fascino abbagliante.

Manlio Castagna
15 Luglio 2023

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