‘8 1/2’, 60 anni della bella confusione di Fellini

Il film del regista riminese è oggi più che mai un'elogio alla libertà dell'artista, ma anche dello spettatore


Ai critici che ne denigravano la confusione, Federico Fellini dava dei “reazionari”. Il regista riminese, intervistato da Sergio Zavoli nel 1964, difendeva “la vitale confusione della vita”, baluardo contro “il tentativo delle mummificazioni dogmatiche”.

Fellini era così, libero per davvero, disinteressato alle verità dell’artista vate. “Felliniano” è un’atmosfera, un modo; non un credo, non certo una scuola. Se ne è sempre scusato: “non ho messaggi da lasciare all’umanità”, ma la sua libertà, che era sua soltanto e non ricerca politica, assunse la forma di una resistenza; alle pretese artistiche, alle aspettative sociali, alle necessità di assolvere o condannare dall’alto di una tronfia ipocrisia.

Un bugiardo, come lui stesso si definì, ha il coraggio di essere ipocrita, persino inconcludente, disposto a divagare per non scegliere mai una verità che chiuda il discorso. Anche per questo non credeva ai finali, perché la vita continua anche quando lo schermo è nero; perciò non resta che chiudere in festa e godersi il momento come in 8 1/2.

Il film, girato negli studi di Cinecittà sessant’anni fa, doveva intitolarsi “La bella confusione” e non ha tesi o soluzioni. Nulla per noi, meno che meno per il suo regista, che raccontò il proprio mondo interiore attraversando una crisi creativa. Da qui quelle splendide “invenzioni e immagini con libertà di intonazioni e associazioni” che Tullio Kezich, poi biografo del regista, sottolinea con la meraviglia di cui si privarono molti critici dell’epoca, impegnati alla ricerca di una verità negata.

In 8 1/2 c’è solo una realtà, di continuo discussa, distrutta e riproposta; quella di Guido Anselmi (l’immortale Marcello Mastroianni), mondo concluso e corrotto di una storia scevra dalla necessità di comunicare un messaggio. 8 1/2 è libero, primo vero passo verso l’anarchia con cui Goffredo Fofi, rifacendosi alle parole di Bazin, riassume il percorso del regista. Un’anarchia inconsapevole (altrimenti politica) e “disperata”, a cui oggi ci aggrappiamo, affascinati dalla proposta di vita di Guido Anselmi, libero di essere straordinariamente inutile all’altro: “sono il primo a non avere il coraggio di seppellire un bel niente”.

8 1/2 non assolve alcun peccato; li affastella, li affianca e li inquadra in un insieme magmatico ed episodico, elogio al frammento come possibilità, mai oggetto di giudizio. Lo “Snaporaz” di Marcello Mastroianni si divora le unghie ogni volta che può, parla da solo e se non trova un’espressione utile usa onomatopee. Le tante finezze di 8 1/2 formano peccati e peccatucci, pensieri indicibili e frivolezze, mondi interiori che appartengono anche a noi e che Fellini, privo di intenzioni morali, rivela solo parlando a sé. Non è un’autobiografia in senso stretto – non potrebbe: “io sono un bugiardo” è l’unica tesi a cui credere – ma è la fotografia di un modo possibile di guardarsi dentro. Il dettaglio non restituisce un’immagine fedele del regista, ma dell’andamento del suo pensiero, non struttura come forma; alla fine buffa e scanzonata.

“Ricordatevi che è un film comico”, fece scrivere Fellini nei dintorni del set del film. La battuta, ideata per risollevare gli animi in uno dei molti momenti di difficoltà affrontati dalla produzione, conferma la doppia natura di un film che assomiglia a una seduta psicanalitica – le libere associazioni di 8 1/2 ci ricordano il suo amore per Jung – ma si risolve in tanti numeri da clown. Se la vita non si può controllare, tanto vale seguirla, danzandoci assieme.

La libertà di 8 1/2, anarchica o meno, ci interessa. Forse oggi più di sessant’anni fa. Se tutto è messaggio e intenzione – nell’epoca in cui ogni comunicazione è proposta politica – 8 1/2 è il rifiuto, mai arrendevole, di scegliere un mondo in cui mummificarsi, abbracciando tutti i dogmi e le verità dello sguardo reazionario che ci abita.

Gli spiriti attorno a Guido Anselmi, comunica l’amica Rossella, sanno che “è libero, ma che deve scegliere; perché non ha più molto tempo”. Fellini però non decide, libera se stesso e ci fa dono della confusione come forma di ammissibile di resistenza, “unica salvezza” dalle verità imposte e replica a ogni pensiero reazionario.

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14 Febbraio 2023

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