“Una stella non può morire. Mai. Si trasforma solo in un sorriso e si scioglie di nuovo nella musica cosmica, nella danza della vita”. A dirlo è stato Micheal Jackson.
La stella più brillante di tutte. Un artista per cui il concetto stesso di star si è ridefinito, espandendosi oltre i limiti della parola, dilagando fino a comprendere oceani nuovi di significato. Non esisteva una persona sulla faccia della Terra che ne ignorasse il nome. Nessuno poteva dirsi sordo al richiamo della sua musica scritta con ispirazione divina.
Eppure oggi, alla fine del 2023, pensare a Michael Jackson ci fa guardare da un’angolatura diversa quella sua stessa frase. Una stella della sua grandezza può anche, forse, non morire, ma di sicuro non si è trasformata in un sorriso. Anzi.
Ci sono le accuse di abusi sessuali nei suoi confronti, la vita bizzarra e isolata che ha condotto, il modo in cui è morto, il dolore dei figli che ha lasciato, il suo straordinario accumulo di debiti nonostante una vita di successi. Tutto questo è desolante. È così triste che ci dimentichiamo i sorrisi ed è difficile ricordare la quantità di gioia che Jackson ha portato al pubblico attraverso la sua arte.
Con una scelta che sicuramente farà arrabbiare alcuni spettatori e ne delizierà altri, Thriller 40, il nuovo documentario di Showtime e Paramount+, evita volutamente tutti questi elementi più sconfortanti della vita del Re Mida del Pop.
A quarant’anni dall’uscita di “Thriller” di Michael Jackson, l’album più venduto di tutti i tempi, il regista Nelson George riporta i fan indietro nel tempo per mostrarci la realizzazione di un capolavoro della musica, con filmati mai visti prima e interviste che promettono assoluta sincerità. Una finestra sulle origini di un fenomeno culturale che continua a influenzare il mondo della musica, della televisione, della danza, della moda.
Il film ci riporta a quel periodo – all’incirca tra il 1979 e il 1984 – in cui il cantante era ancora nel pieno della sua trasformazione in Super Star. Ci racconta delle sfide più complicate, come lo fu lasciarsi alle spalle l’ombra ingombrante dei Jackson 5 e l’affrontare MTV in un periodo in cui il canale si rifiutava di trasmettere video di artisti neri.
Quest’ultimo ostacolo è particolarmente sorprendente se si considera la scossa culturale duratura fornita dai video che alla fine emersero dall’album Thriller del 1982, e quanto abbiano incrementato l’audience della stessa MTV.
Se chiedete a chi era vivo negli anni ’80 dove si trovava quando ha visto per la prima volta il video di Thriller di Michael Jackson, di solito ve lo dirà. Un tale livello di impatto, solitamente riservato alle tragedie nazionali, non si era mai verificato prima di Thriller, e da allora non si è più verificato su quella scala (io stesso ne ho memoria. Avevo 10 anni. Ero in cucina con tutta la famiglia: genitori, due fratelli e pure i nonni materni. In religioso silenzio vedemmo Micheal Jackson trasformarsi in zombie e fu impossibile stare fermi sulle sedie. Bisognava muoversi, seguirlo).
Thriller 40 è comunque e prima di tutto un documentario sull’album Thriller, il che significa una grande quantità di filmati di backstage, la possibilità di ascoltare alcuni demo originali (come quello di “Billie Jean” che è imperdibile) e interviste registrate oggi ai musicisti che parteciparono alla costruzione di quell’album monumentale.
Non mancano i grandi artisti contemporanei che riflettono sull’influenza delle canzoni dell’album del Re sulla loro carriera e sulla loro ispirazione: Mary J. Blige, Usher, Maxwell e Mark Ronson tra gli altri.
E per i più giovani? Per quelle generazioni nate troppo tardi per conoscere Jackson da vivo? A quasi 15 anni dalla sua morte misteriosa questo visionario creativo, questo interprete dal talento smisurato che ha ridefinito ciò che il pop poteva o doveva suonare, non esercita più lo stesso magnetismo inarrestabile di un tempo.
E quindi per la cosiddetta genZ, Thriller 40 è una moderna lezione di storia su come funzionava un tempo la musica pop: come era controllata da una ristretta oligarchia, certo, ma anche quanto potere avesse di penetrare in ogni aspetto della cultura.
Per chi ha vissuto quel periodo, Thriller 40 offre una nostalgia coinvolgente e un ricordo di uno degli ultimi momenti della cultura pop prima che ci sembrasse di aver visto tutto.
Indipendentemente da ciò che si pensa su Jackson, non si può sfuggire al fatto che Thriller è stato e rimane l’album più venduto di tutti i tempi – un record che difficilmente verrà mai battuto. Secondo i dati più attendibili sono state vendute 100 milioni di copie in tutto il mondo e l’album viene ascoltato in streaming oltre 2,6 miliardi di volte all’anno.
È inoltre innegabile ciò che lo straordinario talento, la tenacia e l’ambizione (al limite della maniacalità) di Jackson hanno prodotto per altri artisti neri e per la cultura in generale.
Il produttore Nelson George – che ha anche diretto il documentario – riassume perfettamente l’impatto di Thriller poco prima della fine del film. “L’idea”, dice George, “che io possa prendere la danza, la musica e le immagini e mettere il mondo sottosopra: questa idea che [Jackson] ha cristallizzato con Thriller non è andata via. Non credo che se ne andrà mai”.
Il 13 novembre 2024 ricorrono i 50 anni dalla scomparsa del grande attore e regista. Il nostro omaggio a un monumento del cinema italiano
Il mostro più famoso della storia del cinema compie 70 anni
Usciva il 29 ottobre 1964 uno dei più amati e, al tempo stesso, incompresi capolavori di Michelangelo Antonioni
Terminator, il cult di fantascienza che lanciò la carriera di James Cameron, uscì nelle sale il 26 ottobre 1984