“Il titolo ‘Cambiamo copione!’ nasce da una necessità che è parte delle ragioni del nostro stesso impegno, ovvero quella di usare gli strumenti a propria disposizione per cambiare e far cambiare pagina ad un settore fondamentale per la lettura e interpretazione della nostra società”.
Parola di Domizia De Rosa, Presidente di Women in Film, Television & Media Italia, che incontriamo in occasione dell’evento ‘Cambiamo copione! Le industrie culturali contro la violenza di genere’, organizzato ogni anno, con un titolo diverso, nella Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
L’appuntamento con le professioniste/i e le esperte/i del settore audiovisivo è a Roma, a Palazzo Merulana: una non-stop densissima di incontri e attività che partono alle 10:00 del mattino fino alle 19:00, per discutere di quanto e come questo tema impatti nella narrazione sullo schermo e nella vita reale. Simbolo dell’evento (nell’immagine in alto) è Dionea – creata dall’artista Barbara Oizmud – che rappresenta la donna che ha subito violenza nel suo momento di transizione verso l’elaborazione. Dionea è una vittima, ma avverte la responsabilità di agire per impedire che altre donne possano subire quello che è stato fatto a lei, rappresentando la sintesi dei tre momenti fondamentali del percorso individuale e collettivo: consapevolezza, responsabilità, azione.
La sala si riempie fin dalle prime ore, la giornata è lunga e prevede tre panel su altrettanti temi:
Quest’ultima, in particolare, è stata lanciata da WIFTMI nel 2021, come uno strumento di prevenzione contro le molestie sessuali, gli atti intimidatori e ogni forma di discriminazione, violenza di genere e body shaming sul luogo di lavoro e di studio, per la tutela della dignità della persona, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle studentesse e degli studenti del settore audiovisivo. A corollario dei panel numerose letture sceniche, un laboratorio di arteterapia, un’opera artistica live realizzata da Barbara Oizmud e un aperitivo di networking.la
L’evento, quest’anno più che mai, arriva dopo una serie di terrificanti fatti di cronaca. A partire dall’università di Padova, le ragazze di tutta Italia hanno invitato a smetterla con i minuti di silenzio e a ‘fare rumore’, più rumore possibile’ per ribellarsi a una situazione sempre più intollerabile.
Qual’è il ‘rumore’ che devono e possono fare le industrie culturali, dal cinema alla tv a tutto il settore audiovisivo, per dare un messaggio forte sia verso l’esterno che verso l’esterno, sia al loro pubblico che alle stesse loro lavoratrici, che non si fermi solo alla giornata di oggi?
“Il nostro settore può agire sulle discriminazioni e le tossicità che conosciamo, per attivare una circolazione virtuosa ed aspirazionale di immagini e voci. La violenza contro le donne non è un sottoprodotto di una cultura antiquata, ne è una componente strutturale, che ne garantisce la tenuta tramite la paura e il silenzio”, continua De rosa. “Fare rumore è importante, ma abbiamo bisogno di de-costruzione e ri-costruzione di narrazioni, di immaginari e di rappresentazioni, abbiamo bisogno di voci strutturate. Il lavoro non è iniziato oggi, e noi non siamo certo le prime, ma non è bastato e non basta ancora, evidentemente”.
Resta da capire come e con chi ricostruirli, questi immaginari.
“Abbiamo bisogno di utilizzare consapevolezza, responsabilità ed empatia nel realizzare prodotti audiovisivi, lavorando insieme a chi ha le competenze necessarie, non solo quando si affrontano temi eclatanti”, aggiunge la Presidente di WIFTMI. “Serve il tempo per la ricerca e per lo studio, e serve che questo tempo venga riconosciuto come parte integrante del lavoro. È necessario garantire luoghi di lavoro sani e sicuri, garantire l’accoglienza e l’ascolto, perché l’omertà si annida ovunque. Quindi servono anche azioni esemplari, perché la persona si possa sentire tutelata e non rischi colpevolizzazione e vittimizzazione ulteriore. Non ci sono soluzioni ‘chiavi in mano’, ma vi è la certezza che l’impegno deve essere congiunto e continuativo, perché ci sono letteralmente secoli di deumanizzazione e oggettificazione da archiviare”.
Avete in mente qualche iniziativa nel breve periodo che vada in questa direzione?
“Con le altre realtà del settore, lavoriamo da tempo su sensibilizzazione e prevenzione, ad esempio promuovendo la nostra Carta di Comportamento Etico per il Settore Audiovisivo, uno strumento di responsabilizzazione e possibile attivatore di iniziative per chi lo adotti”, chiosa Domizia De Rosa. “Lavoriamo per costruire network equi ed equilibrati, basati sul rispetto e la competenza. Ci interfacciamo e interroghiamo con esperienze internazionali così come con istituzioni, università, associazioni, cercando e scambiando dati e strumenti utili. Arriviamo così all’appuntamento multidisciplinare di oggi, il 25 novembre, studiando e dialogando, con il fine di trarre e offrire nutrimento per le prossime azioni, magari anche nell’immediato futuro. Non ci sono invenzioni geniali che possano smantellare questo tipo di costruzioni culturali in poco tempo. Come vediamo con i social e l’intelligenza artificiale, è più facile che l’invenzione geniale venga assimilata e ci vomiti addosso insulti sessisti e stereotipi denigratori che il contrario. Quindi nel breve periodo si deve studiare e collaborare per azioni che abbiano effetto sul lungo periodo. E bisogna essere in tanti a farlo: donne, uomini, persone”.
Hanno partecipato all’organizzazione di ‘Cambiamo copione! Le industrie culturali contro la violenza di genere’: il gruppo di ricerca GeMMa de La Sapienza Università di Roma; 100Autori (Associazione dell’Autorialità Cinetelevisiva); Amleta; UNITA (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo); Writers Guild Italia. L’iniziativa gode del patrocinio di ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali); APA (Associazione Produttori Audiovisivi); Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello; Comune di Roma; Regione Lazio; Roma Lazio Film Commission; Una Nessuna Centomila.
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