Mathieu Kassovitz: “Presto un musical da L’odio”

L'attore e regista francese è in Italia per i trent'anni del mitico film L'odio che nel '95 vinse il Premio per la regia a Cannes e che ora torna nelle sale dal 13 maggio. Cinecittà News l'ha intervistato

L'odio

Molti spettatori italiani lo conoscono per la sua interpretazione di Nino Quincampoix del Favoloso mondo di Amélie o del Rapinatore ne Il quinto Elemento. Ma anche quando si è seduto dietro la macchina da presa Mathieu Kassovitz è stato capace di un capolavoro come L’odio, premiato nel 1995 per la Miglior Regia al Festival di Cannes. L’attore e regista francese è in Italia in questi giorni proprio per il suo film più famoso, che è stato restaurato in 4K da Minerva Pictures e Rarovideo Channel, in collaborazione con Cat People, e dal 13 maggio tornerà nelle sale italiane. L’anteprima del restauro al Cinema Troisi di Roma (“Una sala in cui vengo sempre volentieri”, dice) è stata l’occasione per alcune domande sul film e le scelte che ne decretarono il successo mondiale. Ma anche sulla carriera di questo artista irrequieto e provocatorio nonché sui suoi progetti per il futuro dopo il grave incidente in moto dello scorso settembre sull’autodromo di Linas-Monthléry, vicino a Parigi.

Partiamo dal motivo per cui è in Italia. Come nacque l’idea di fare un film sulla vita nella periferia di Parigi?

L’origine è stato un fatto di cronaca accaduto a Parigi. La morte in un commissariato di un ragazzo di 17 anni.

A quasi 30 anni dalla sua uscita, pensa che il film sia ancora attuale?

Sì, è ancora attuale perché i problemi per cui è nato continuano a essere gli stessi.

A distanza di tanti anni il film mantiene intatta la sua forza anche grazie all’uso del bianco e nero. Era forse un modo per rappresentare il grigiore esistenziale, l’assenza di speranza di chi si trova a vivere nelle periferie?

Quella di girare il film in bianco e nero non è stata una scelta poetica o politica ma dettata dagli scarsi mezzi finanziari e tecnici a nostra disposizione: il bianco e nero costava meno del colore (ride, ndr). La mancanza di soldi mi ha portato a fare delle scelte vincenti, considerate poi artistiche ma di base il motivo era economico.

Nel 2015, dopo la strage del Bataclan, accarezzò l’idea di girare una sorta di sequel de L’odio ma poi l’abbandonò. Come mai?

Perché sugli attentati non c’era nulla da dire. La cronaca dice tutto e fa il suo lavoro molto bene.

Nel film il personaggio di Hubert racconta la storia di un uomo che cade dal cinquantesimo piano e mentre cade continua a ripetersi “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”. La strage del Bataclan è stato l’atterraggio oppure il momento dell’impatto con il suolo deve ancora arrivare?

Quale sia l’atterraggio non lo so. In realtà, si tratta di una caduta perpetua. Si continua a cadere e la caduta riguarda tutti. E’ un’intera società che cade. Quando la società arriverà fino al suolo e si frantumerà in mille pezzi forse sarà troppo tardi. Non si potrà fare più nulla.

Si riferisce forse al cambiamento climatico, problema per cui si è impegnato anche in prima persona?

Sì, il suolo è rappresentato dal cambiamento climatico. E’ il nostro problema più grande. Se non ci fosse questa grande trasformazione climatica i problemi (razzismo, povertà, sanità) potrebbero continuare a cadere. Ma l’emergenza climatica ci sta obbligando ad andare in un’altra direzione. Perché se non ci concentriamo a risolvere questa cosa non sarà più possibile gestire tutto il resto.

Torniamo a L’odio. C’è qualche film italiano che le è stato d’ispirazione per girarlo?

Il film italiano rispetto a cui L’odio è più di tutti debitore è I soliti ignoti di Mario Monicelli. Mi ha ispirato molte scene. Per esempio, le persone urlano da una finestra all’altra per parlarsi. Oppure la scena del tetto, Quando Totò viene chiamato dalla strada per dirgli che ci sono i poliziotti, lui si affaccia e dice “nascondete tutto!”. Da I soliti ignoti ho ripreso anche un’intera barzelletta.

E quali altri autori italiani sono stati interessanti per il suo lavoro?

Soprattutto il cinema degli anni ’50, e registi come Fellini e De Sica.

Lei è figlio di un’attrice e di un regista cinematografico. E’ lei che ha scelto il cinema o il cinema che ha scelto lei?

Sono io che ho scelto il cinema.

Per quale ragione dopo un capolavoro come L’odio e altri film interessanti (Assassin(s), Babylon A.D., Rebellion) nel 2011 ha abbandonato la carriera registica e si è dedicato solo a quella di attore?

Perché per fare l’attore mi pagavano di più (ride, ndr.).

A questo punto si sente più regista o attore?

In questo momento della mia vita mi sento più regista che attore perché sto lavorando a due progetti.

Quali?

Il primo è un musical ispirato a L’odio; il secondo progetto è un nuovo film.

 

03 Maggio 2024

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