TAORMINA – L’esperienza della migrazione accomuna milioni di persone in tutto il mondo, da sempre. Né è consapevole Marco Perego, regista italiano residente in America e sposato con la diva Zoe Saldana, anch’essa figlia di immigrati. In The Absence of Eden, il suo primo lungometraggio presentato al 69mo Taormina Film Festival, Perego affronta proprio questo tema, focalizzandosi sul caldo – in tutti i sensi – confine tra il Messico e gli Stati Uniti. Ambientazione in cui si trova perfettamente a proprio agio per ovvi motivi la sua celebre moglie, conosciuta principalmente per i ruoli nelle saghe di Avatar e I Guardiani della Galassia.
The Absence of Eden si sviluppa su due binari paralleli. Da una parte un neo-agente dell’ICE, l’agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere, interpretato da Garrett Hedlund inizia a farsi le ossa nel contrasto – spesso feroce – all’immigrazione clandestina; dall’altra Esmeralda (Zoe Saldana) è una stripper costretta a emigrare negli States, tormentata in ogni istante dalla sua bellezza che la rende bersaglio privilegiato di uomini famelici. Due persone fondamentalmente sane e di buon cuore si troveranno presto rivali inconsapevoli di una battaglia che non è la loro.
Questi mondi antitetici vengono raccontati con crudezza, mettendo i personaggi di fronte a una realtà che spesso è molto più grande di quanto possano immaginare, riducendo quasi a zero le loro possibilità di scelta. Non c’è libero arbitrio nella storia raccontata da Perego, solo ruoli calati dall’alto che ci stringono in esistenze preconfezionate e inevitabili quanto tragici destini. Nel meccanismo malsano che si è creato intorno al passaggio del confine messicano, non c’è spazio per l’amore, né per l’innocenza, come si vede dal modo in cui vengono trattati i bambini presenti nella storia. Anche chi è senza colpe subisce il peso delle scelte altrui. La dualità che si crea è quella del “noi o loro”, in una guerra tra disperati in cui non ci potrà mai essere un vincitore.
The Absence of Eden gode di una messa in scena notevole per un’opera prima e, soprattutto, di interpretazioni di assoluto livello. Ciò che non brilla è forse una giusta gestione nella parte finale della trama, con la colpevole mancanza di un efficace momento climatico, che ci lascia appesi nella speranza di qualcosa in più. Ma forse era proprio questo l’obiettivo del regista: consapevole che, fino a quando il sistema non verrà completamente riformato, nessun lieto fine attende le migliaia di persone che ogni anno sono protagoniste di storie del tutto simili a questa.
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