‘Yellow door: ’90s lo-fi film club’, il racconto dell’esordio di Bong Joon-ho è un’avventura cinefila

Su Netflix dal 27 ottobre, il documentario racconta l'esperienza della prima generazione cinefila della penisola coreana


Gli esordi di un artista sembrano spesso un’avventura. Storie di tenacia e ambizione, di fortune e fatalità. Nel primo cortometraggio di un grande autore si può – col facile senno di poi – intravvedere il genio sopito, fermo in attesa della stagione giusta per sbocciare. Lo stesso si può dire di uno dei più importanti registi della nostra epoca, il coreano Bong Joon-ho, al centro di un documentario Netflix (disponibile dal 27 ottobre) che ne racconta gli anni della formazione al fianco della “prima generazione di cinefili” del paese.

Yellow Door: ’90 lo-fi film club sconfessa un credo diffuso: il primo corto del regista di Parasite non fu, come si dice, White Man, ma Looking for Paradiseun esperimento animato in stop motion e realizzato negli anni in cui in Sud Corea nacquero, quasi d’improvviso, i primi gruppi di cinefili. Nel corto un gorilla, inquilino di un garage triste e abbandonato, scappa in cerca del suo paradiso, fuggendo da mostri e minacce e mirando in lontananza uno splendido albero sempreverde.

Il documentario Netflix ricostruisce la nascita di Looking for paradise giocando all’effetto Rashomon, ovvero comparando le diverse versioni di una stessa storia. Richiamati a trent’anni di distanza da quel periodo, i membri del club con cui Joon-ho scoprì la passione per il cinema vengono interrogati sull’esperienza dello Yellow Door, mettendo a confronto i ricordi di un momento d’irripetibile unicità. Al di là del fascino che il giovane Joon-ho suscita in noi – un cinefilo inesperto in cerca di qualcosa – sono gli amici ritrovati a emozionare di più. Entusiasti studenti di discipline umanistiche, il gruppetto trascorreva i pomeriggi scoprendo – ad occhi aperti e bocca spalancata – i capolavori del neorealismo, gli eccessi della New Hollywood e tutto il meglio del cinema che a lungo non potè accedere alla penisola. “Come se i cinefili si fossero nascosti per anni e d’improvviso si fossero riversati per le strade” spiega Joon-ho ricordando quegli anni, incubatrice inaspettata di quella che da lì a breve sarebbe diventata la florida industria cinematografica coreana. “Il governo deve aver drogato l’acqua, volevano trasformare tutti i cittadini in cinefili”.

L’unica proiezione pubblica del corto animato di appena 25 minuti risale al natale del 1992. Il documentario ci mette a sedere al fianco dello Yellow Door – il club così chiamato dai giovani cinefili per via della porta gialla che dava il benvenuto in una piccola cineteca – e di ricordo in ricordo ci mette a sedere tra loro.

Ogni materiale video riproposto mostra tutta la felice ingenuità del gruppo, uniti in nome del cinema e mano nella mano in quest’avventura cadenzata a 24 fotogrammi al secondo. “Il cinema si scopre insieme” amavano dire ritrovandosi a disquisire (con buona dose di improvvisazione e fantasia) di semiotica e immagini in movimento, di Coppola e Caligari, di etica cinematografica e teoria del montaggio: “citavamo film mai visti, grandi film che non potevamo vedere e di cui immaginavamo la forma dalle immagini dei difficili libri che divoravamo sull’argomento”. L’idealismo giovanile e i sogni più naive incontreranno presto la realtà, ma molti di quel gruppetto rimasero nei paraggi di quell’arte che li aveva uniti in nome di qualcosa di più grande. Altri, invece, hanno preso altre strade: “non sono sicura che li capissi davvero quei film straordinari – ammette un’ex membro del club, ora logopedista – ma quando finì quel periodo nessuna pellicola al cinema ebbe più lo stesso effetto”.

Il futuro di Joon-ho, che esordirà al lungometraggio ben otto anni dopo con Barking Dogs Never Bitelo conosciamo bene e porta sino agli Oscar, così come quello di una generazione cresciuta a speranza (per il paese sono anni di contestazioni) e vhs pirata. “Sapevo che ce l’avrebbe fatta – dice di Bong Joon-ho un ex membro dello Yellow Door – ma non pensavo così tanto”. A guardarlo bene però, e giocando un po’ al “senno di poi”, quel Gorilla malinconico e malconcio vive ancora nel cinema di Joon-ho, in cerca del suo paradiso: che sia nel finale interrotto di Memorie di un assassino o in quello caotico e impotente di Parasite

Alessandro Cavaggioni
01 Novembre 2023

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