Yann Arthus-Bertrand: giro del mondo alla scoperta dell’uomo

Esce come evento speciale il 29 febbraio e 1 e 2 marzo la pellicola di quasi quattro ore Human, che è stata lanciata in tutto il mondo in contemporanea alla 72ma Mostra di Venezia e alle Nazioni Unite


A vederlo anche Ban Ki-moon. Inoltre, il film è disponibile in versione ridotta su Youtube grazie a Google, partner del progetto e attraverso un “kit” di visione a disposizione di associazioni, scuole, istituzioni culturali. Tutto gratuitamente, per scelta, essendo il film finanziato da due Fondazioni no-profit – la Fondation Bettencourt Schueller e la Fondation GoodPlanet.

Dopo Home, il film inchiesta sullo stato del pianeta visto da più di 600 milioni di persone, il regista – fotografo, cineasta, ambientalista, narratore e maestro delle riprese aeree – firma con la nuova pellicola, della durata di quasi quattro ore, dichiaratamente impegnata sul versante della salvaguardia dell’ambiente e di quanti ci vivono, un ritratto delicato e affettuoso di chi siamo, oggi, come società, come collettività, come individui, affidato a tre voci: le parole degli uomini (con centinaia di interviste realizzate in tutto il mondo), la testimonianza della terra, la forza della musica. Abbiamo parlato con il regista per analizzare meglio alcuni aspetti di questo interessante progetto.

Che effetto le fa essere a Venezia ?

Amo questa città. Ho realizzato un foto set e vorrei riprenderla vista dall’altro, ma sorvolare la laguna è vietato. Mi trasferirei qui ma mia moglie pensa che sia troppo umido. Ad ogni modo avevo realizzato per Human alcune interviste qui, ma purtroppo le immagini non erano buone e ho dovuto scartarle, sostituendole con immagini d’archivio.  

Come nasce il progetto di Human?

Sono un appassionato di elicotteri. Una volta ho avuto un guasto e mi sono dovuto fermare presso una famiglia che praticava agricoltura di sussistenza, ovvero non per vendere i prodotti ma semplicemente per nutrirsi con essi. Il capofamiglia mi ha raccontato molte cose, guardandomi negli occhi: le sue paure, la malattia, le condizioni climatiche, mi ha molto toccato. Così ho pensato che come quell’uomo mi raccontava la sua storia anche tutti gli omini che vedevo dall’alto sorvolandoli ne avrebbero avuto una da raccontare. Mi ha ispirato molto anche The tree of Life di Malick. Ho pensato, se lo fa lui, lo posso fare anch’io.

Come ha fatto a convincere qualcuno a produrlo?

Sapevo che non si trattava di un progetto commerciale, non volevo nemmeno che lo diventasse. E calcoli che ho usato solo l’uno per mille di quello che ho girato. Mi sono messo alla ricerca di un mecenate e l’ho trovato nella Fondazione. In sala lo abbiamo dato agli esercenti per il minimo, sappiamo che lo proietteranno in 540 sale. Nei paesi in cui non c’è la sala, mandiamo il Blu-ray gratis, per garantire la massima diffusione. E’ un film che deve girare e generare discussione. E poi France TV lo trasmetterà nell’arco di una notte, dalle 20.30 di sera alle quattro del mattino. Sarà diffuso su Youtube grazie all’accordo con Google e sto cercando di mostrarlo al papa, ho un appuntamento in Vaticano per i primi di dicembre.

Ci sono delle letture che l’hanno ispirata, magari di taglio antropologico?

Non leggo romanzi ma piuttosto biografie. A ispirarmi è il presente: la guerra, Gaza, la Siria, la malattia, il fatto che la ricchezza sia concentrata in pratica nelle mani di una novantina di persone. I cambiamenti climatici e quelli tecnologici. Finanzio un orfanotrofio in Africa e con Internet i bambini potrebbero dirti quanto costa comprare un panino qui al Lido. Non c’è da stupirsi se i rifugiati siriani contattano le loro famiglie usando uno smartphone. Nessuno può dire esattamente come sarà il mondo tra dieci anni.

Come ha realizzato il film da un punto di vista tecnico? Ha usato droni?

No, il drone è troppo incerto e io sono ossessionato dalla precisione dell’inquadratura. Ho scoperto piuttosto il Cineflex, un teleobiettivo estremamente stabile che non vibra per niente e permette di avvicinarsi molto. E naturalmente l’elicottero. Il drone l’ho provato a Chernobyl ma non funzionava quindi ho scartato anche quelle riprese.

Qual è il messaggio del film?

L’obiettivo dell’essere umano è migliorare, tutti possiamo fare qualcosa. E’ facile avere successo nella vita professionale, quello che è difficile è relazionarsi alla famiglia e alle persone che ti stanno intorno. Lo dice anche un bambino, per strada, a fine film. “Tutti hanno una missione, sta a me scoprire qual è la mia”. Credo che il film sia riuscito molto bene ma bisogna restare umili. Mi sono stupito in Francia delle reazioni dei critici, che sono noti per il loro cinismo. Invece a fine pellicola restavano muti, qualcuno aveva voglia di telefonare alla famiglia. Ora il film è vostro, fatene buon uso, fate il passaparola.

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