Esce in Italia il 6 giugno con Fox X-Men: Dark Phoenix, settimo capitolo della lunga saga sui mutanti, ispirata ai fumetti Marvel, cominciata da Bryan Singer nel lontano 1999. Non deve essere stato facile per il nuovo regista Simon Kinberg – comunque coinvolto nella serie come sceneggiatore fin dal capitolo 3, Conflitto finale – portare avanti il lavoro sapendo che con tutta probabilità si tratterà dell’ultima volta che vediamo i ‘suoi’ X-Men sullo schermo, almeno in questa versione, dato che con l’acquisto della Fox da parte di Disney è scontato il riavvio della serie per portare i personaggi nel Marvel Universe Cinematografico, posto che spetta loro di diritto. E’ già stato annunciato che tutti subiranno un recasting, ed è assai probabile che anche il loro background – già di per sé complesso e articolato, tra viaggi nel tempo, cambi di continuity e già un parziale reboot nel 2012 con X-Men: L’inizio – sarà riportato a tabula rasa.
Forse anche per questo il film ha avuto una travagliata storia produttivo-distrubutiva: in fase di post-produzione, i produttori, non soddisfatti del terzo atto, hanno fissato delle riprese aggiuntive, modificando radicalmente il finale ed il look della protagonista principale Fenice (Sophie Turner). Inizialmente prevista per il 2 novembre 2018, poi per il febbraio 2019, l’uscita è slittata fino ad ora per evitare paragoni scomodi con Avengers: Endgame e magari sfruttare un po’ l’onda del suo successo. E’ peculiare che sia proprio il simbolo della Fenice, uccello mistico legato al ciclo di morte e resurrezione, oltre che all’omonima e seminale ‘run’ fumettistica creata da Chris Claremont, a dominare in questo episodio, dato che, fuori dalla narrazione filmica, il prossimo passo da attendere dagli studios è proprio quello di una resurrezione concettuale, sotto l’egida della casa di Topolino. E sebbene il film soffra di questo asset de reboot troncato sul nascere, funziona molto meglio di tante altre pellicole supereroistiche moderne, per la scelta decisa dei toni, virati al dramma, per la costruzione intelligente delle scene di combattimento, per l’approccio tutto sommato fedele alla materia fumettistica, per la struttura fedelmente ancorata ai tradizionali ‘tre atti’ piuttosto che a una serie di situazioni graficamente interessanti ma poco legate l’una all’altra come spesso avviene.
“Non penso troppo al futuro – dice il regista in conferenza, in streaming da Londra – ero talmente preso dal fare un bel film e far funzionare la trama che non sono stato troppo a chiedermi cosa sarebbe accaduto dopo. Gli X-Men sono come una famiglia e in questo film vengono messi in difficoltà da una serie di eventi che rischiano di minare i loro equilibri interni, l’ho approcciato come se fosse un film drammatico. D’altro canto sono appassionato dei fumetti degli X-Men da quando ero in quinta elementare, nessuno aveva mai fatto niente del genere prima, e i personaggi fanno parte della mia vita lavorativa da quindici anni a questa parte. Anche il cast è stato una famiglia per me e di grande sostegno. E’ un film duro e dark e per gran parte del tempo sono stato ad ammirare la loro performance”.
A Michael Fassbender, interprete del nemico-amico Magneto, chiediamo se il genere umano sia in evoluzione o in devoluzione: “Me lo auguro – dice – Gli X-Men nascono nell’epoca dei diritti civili, anche se in un contesto fantastico parla di persone che si sentono emarginate e fuori posto. L’umanità ha un atteggiamento tribale e questo peggiora quando non si riescono a pagare le bollette o a comprare da mangiare per la propria famiglia. Ma sono ottimista e credo nelle nuove generazioni”. Jean Grey, il personaggio di Sophie Turner, nel film arriva ad acquisire un potere oltre ogni immaginabile confine, ponendosi anche come pericoloso villain e solleticando – anche se altro non è che la trasposizione di quello che nei fumetti avveniva negli anni ’70 e ’80 – le nuove istanze hollywoodiane di inclusività a livello di etnia e generi: “Beh, non vengo esattamente dalla cucina – scherza Turner – E’ bello poter interpretare un personaggio così potente che in questo caso è sia protagonista che antagonista, è un essere umano a tutto tondo”.
Più politica la risposta di Jessica Chastain (che nel film interpreta l’esponente di una pericolosa razza aliena): “Non do molto credito al sistema degli studios, sono cose che avrebbero potuto fare tanto tempo fa, ma il vero merito va al pubblico, che ha finalmente deciso cosa vuole vedere. Storie dove tutti, di ogni sesso ed etnia possano essere eroi. Così nascono le Wonder Woman, le Captain Marvel, i Black Panther e anche le Dark Phoenix. Contro gli stereotipi che vedono le donne sempre come caramelline zuccherose, quando invece siamo piene di lati oscuri, che sono importantissimi, perché senza il lato oscuro non c’è la luce”. “Di un uomo problematico – aggiunge Fassbender – dicono ‘è un personaggio forte’, di una donna invece dicono ‘ha un sacco di problemi’”.
Tra i temi interessanti della pellicola, la messa in discussione dell’autorità e in particolare quella del personaggio di Charles Xavier (James McAvoy) mentore degli X-Men: “Tutti i bambini mettono in discussione i propri genitori o gli insegnanti – dice l’attore – siamo nati con la messa in discussione dell’istituzione nel DNA. E’ una cosa che ci serve a crescere”. Tra i punti più apprezzabili ci sono certamente il tono, la messa in scena e le sequenze d’azione che regalano un uso corretto e interessante dei superpoteri messi in campo, rinunciando alla solita spettacolare ‘zuffa’ dove però ciascuno risulta sostanzialmente una pedina uguale alle altre. La pellicola è ambientata negli anni ’90 ma, al contrario dei precedenti L’inizio, Giorni di un futuro passato e Apocalypse – rispettivamente omaggianti le decadi dei ’60, dei ’70 e degli ’80 – decide di non ricordarlo allo spettatore ogni cinque minuti: “Ci ho riflettuto – conclude Kinberg – e ho ritenuto opportuno allontanarmi dal ‘feticcio’. Volevo che l’ambientazione fosse più trasparente rispetto ai film precedenti. Non volevo che il periodo storico fosse protagonista e ho preferito concentrarmi sui protagonisti umani. Quanto ai poteri, volevo soprattutto che funzionassero messi tutti insieme, ciascuno la sua peculiarità in un bel gioco di squadra. Come dicevo, sono un grande appassionato dei fumetti originali e mi sono ispirato a quelli”.
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