VENEZIA – Un film intimo e spietato sul matrimonio come gabbia e sull’impossibilità dell’amore è in Concorso a Venezia 79, è il film di un 92enne che ha fatto della pandemia l’occasione per reinventarsi alla sua bell’età. Appena 23 giorni di riprese, a maggio del 2021, nel giardino La Boulaye, sull’isola di Belle Île al largo delle coste della Bretagna, con una piccolissima troupe di sei persone e una sola attrice monologante Nathalie Boutefeu. Ecco Un couple, il primo film di finzione del maestro americano del documentario Frederick Wiseman. Una carriera straordinaria a cui sono stati tributati premi sia agli Oscar che a Venezia, conosciuto e amato da tutti gli appassionati di cinema. Impossibilitato a girare in luoghi affollati e per lungo tempo come detta il suo stile, ha optato stavolta per l’elaborazione di un materiale drammaturgico unico come le lettere e i diari di una coppia illustre che finisce per rappresentare il malessere comune a tanti, ieri come oggi. Anche se chiaramente la vicenda di Sofja Tolstaja (1844-1919) è fortemente influenzata da una visione patriarcale che le impedisce anche solo di concepire una fuga da quella prigione di tremende gelosie incrociate (sarà invece lui a fuggire alla vigilia della sua morte).
Ma Leo non compare mai in Un couple. In scena c’è solo la moglie e una sola attrice – coautrice dei testi che pescano da una mole di 3.000 pagine scritte che recita, in francese, in mezzo alla natura (il film è girato in Francia e non in Russia “perché non si tratta di una ricostruzione filologica dei luoghi e della vicenda, ma di una rielaborazione artistica”). Le parole di Sofja danno voce alla profonda inquietudine di una donna che non si sente amata e che anela con tutta se stessa a un’unione spirituale, più che carnale. Ma, com’è noto, il grande scrittore russo era un uomo a sua volta irrisolto e perennemente alla ricerca di stimoli ed esperienze fuori da casa, spinto da una bulimia sessuale. “Una coppia cristallizzata composta da due persone caratteriali, due deboli entrambi con le proprie colpe”, riassumono i due autori.
Wiseman e Boutefeu avevano già lavorato insieme a un testo teatrale ispirato da Emily Dickinson, The Belle of Amherst, e hanno così deciso di realizzare questo breve (63 minuti) monologo immerso nella natura rigogliosa, tra scogliere, spiagge e l’esplosione di fiori della primavera francese. “Gli animali, gli insetti, i fiori, gli alberi e i suoni del giardino sono anch’essi protagonisti del film – dicono – e il giardino stesso è diventato uno dei personaggi del film”.
Leo e Sofia rimasero sposati per trentasei anni (lei ne aveva 18 il giorno del matrimonio e si conoscevano da appena una settimana, lui aveva già un figlio con una contadina del luogo), ebbero tredici figli, nove dei quali sopravvissuti. Anche se vivevano insieme, nella stessa casa, si scrivevano spesso delle lettere. Leo Tolstoj leggeva i loro diari ad alta voce agli ospiti invitati alle cene che pensavano di trovarsi al cospetto di una coppia complice mentre, come scrive Tolstoj in Anna Karenina, “ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. “Erano una coppia problematica – si legge nelle note di regia – spesso litigavano ed erano molto insoddisfatti l’uno dell’altra, anche se di tanto in tanto godevano di intensi momenti di riconciliazione”.
E Un couple fa pensare a un film visto di recente a Cannes, Tchaikovsky’s Wife di Kirill Serebrennikov, di nuovo su un’unione fortemente voluta da una donna ma irrealizzabile, lì per tutt’altri motivi, con un grande artista.
Da segnalare le assonanze con due lavori precedenti di Wiseman, entrambi di impianto teatrale: Il diario di Seraphita (1982), con i monologhi interiori di una modella scomparsa, e L’ultima lettera (2002), in cui l’attrice Catherine Samie dà voce alle sue sofferenze all’interno di un ghetto ucraino durante la Seconda guerra mondiale.
Wiseman ha anche rivelato di aver rifiutato l’invito al Festival internazionale di San Pietroburgo a causa della guerra in Ucraina. “Per me è stata una decisione lacerante ma necessaria. Siccome gli organizzatori del festival non hanno espresso il loro contrasto alla guerra e al governo russo, ho declinato l’invito, anzi mi sono proprio rifiutato”.
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