Un tormentato passo a due tra la matematica applicata all’universo sottomarino e la jihad: Danielle e James (Alicia Vikander e James McAvoy) sono rispettivamente una bio-matematica, che applica quest’ultima allo studio della vita degli oceani, e una spia britannica, ma presentatosi a lei come consulente per progetti idrici in Africa.
In Submergence di Wim Wenders è la Normandia, la Maison Atlantique, dimora di vacanza che Danielle frequenta sin da bambina, e dove James trascorre una settimana all’anno, il luogo poetico del loro incontro, del loro innamoramento. Lei si racconta a lui parlando la lingua del mare, spiegandogli la specificità dei cinque strati che compongono l’Oceano, soffermandosi sulla zona edo-pelagica, quella “buia”, segreta, oscura, per alcuni infernale, quella che a lei interessa e che sta per andare a studiare da lì a poche settimane, con una missione sottomarina. Nel medesimo periodo James sarà in Somalia, sotto le mentite spoglie di ingegnere idrico, in realtà con scopi di spionaggio internazionale.
I pochi giorni sulla costa normanna, affacciata su quell’Oceano vivace e gelido, spazio di una delle scene d’amore più complici della coppia, si basano completamente – come tutto il film – sullo scambio tra Danielle e James, protagonisti assoluti: un dialogo, il loro, carico di letture, pensieri e scambi intellettuali, firma classica di Wenders, che ha tratto il film da un romanzo di J. M. Ledgard, e che amplifica il tutto usando primissimi piani, posture cristologiche, montaggio alternato, portando lo spettatore a riconoscere il suo cinema precedente, come Fino alla fine del mondo.
L’auspicio di Wenders è che il film possa offrire spunti di riflessione: “Ciò che realmente spero è che in un piovoso giovedì sera a Bristol, Detroit o dovunque si trovi, lo spettatore esca dal cinema con una visione del pianeta e delle proprie abitudini anche solo leggermente diversa da prima. Che si renda conto di quanto sia grande e vario il mondo, ma anche di quanto possa risultare fragile”. Gli ha fatto eco James McAvoy: “Il pubblico si commuoverà per una bella storia d’amore e resterà terrorizzato dai personaggi, ma penso che rimarrà anche sorpreso di quanto sia istruttivo questo film rispetto a quanto accade nel mondo da un punto di vista geopolitico e dei pericoli tangibili che tutti noi corriamo. Non sembra una storia d’amore eppure lo è: amore per la nostra missione, amore per il nostro credo, amore per il nostro pianeta, amore tra i personaggi, amore per il nostro Dio. È una storia d’amore verso tutte queste cose”.
È un amore impossibile, in cui l’acqua si fa simbolo di nascita, di morte e di rinascita: quello di Submergence è un amore in cui il mare è luogo assoluto del sentimento, un mare che abbraccia, un mare che culla, un mare che ingoia e assorbe. C’è un parallelismo di accadimenti che mostra al contempo l’alto mare del Nord e i suoi abissi e la sabbiosa, sanguinosa, abbagliante terra somala: mentre Danielle attende di essere immersa nelle buie acque del Mar Glaciale Artico, James viene torturato nei covi terroristici. Due solitudini accomunate dal mare: lei, nel sottomarino, si trova “intrappolata”, mentre lui è ostaggio su una spiaggia deserta. Lei sotto il mare, lui dinnanzi al mare, distesa d’acqua infinita dentro cui James, per sfuggire ad un bombardamento, s’immerge, mentre, “rivolgendosi a lei”, dice: “ci rivedremo”.
Submergence esce in sala il 22 agosto, distribuito da Movies Inspired.
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