“Ma dove stanno tutte queste notizie sul mio film? Dove ha letto la trama? E’ pazzesco ci stanno in giro le spie”. Esordisce così, tra il sorpreso e l’ironico, la regista Wilma Labate appena le chiedi della vicenda narrata dal suo nuovo film, titolo provvisorio Signorina Effe, i cui esterni, dopo gli interni realizzati a Roma, vengono ora girati a Torino. A ispirarla il documentario Signorina Fiat realizzato nel 2001 da Giovanna Boursier e che raccontava la storia di un’impiegata alla Fiat di Torino – “un personaggio bello e interessante per il mio film” – che vive il mito dell’appartenenza all’azienda fin dal primo giorno dell’assunzione nel 1961. Non a caso la Signorina Fiat partecipa nell’ottobre 1980 alla famosa marcia in piazza dei 40mila quadri e impiegati Fiat che s’oppongono allo sciopero operaio, lungo 35 giorni, contro i 14mila licenziamenti decisi dalla dirigenza dell’azienda. Ma qualche anno dopo, nel 1994, toccherà anche alla stessa Maria Teresa essere licenziata, insieme ad altri 3mila colleghi.
Signorina Effe – il cui soggetto è firmato da Labate, Francesca Marciano e Carla Vangelista mentre la sceneggiatura è scritta dalla regista con Domenico Starnone – è prodotto da Bianca Film insieme a Rai Cinema, e gode di un Fondo di garanzia oltre all’appoggio della Film Commission Torino Piemonte. Nel cast Valeria Solarino (Emma, avvenente impiegata prossima a una promozione), Filippo Timi (Sergio, fiero operaio metalmeccanico), Fabrizio Gifuni (Silvio, dirigente Fiat e promesso sposo di Emma), Fausto Paravidino (amico di Sergio) Giorgio Colangeli (padre operaio di Emma, cresciuto nel culto degli Agnelli), Sabrina Impacciatore (sorella di Emma).
Ha scelto una data emblematica della storia del nostro Paese?
Sentivo che era urgente per capire un oggi molto confuso partire da quel passato. L’autunno ’80 è stato fondamentale per l’oggi, è allora che inizia nel nostro Paese, schematizzando, la globalizzazione. In quel momento la classe operaia esaurisce quel ruolo politico e sociale così rilevante non solo negli anni ’70. Sparisce l’operaio che s’identifica con la fabbrica, con il reparto in cui lavora e arrivano la mobilità prima, la flessibilità poi, mentre s’afferma un nuovo assetto economico e sociale. E poi il fatto che un’azienda in 35 giorni decida la dismissione di un terzo dei dipendenti, pari a 23mila, non è forse un grande evento storico?
E che cosa accade a Emma, protagonista di quella stagione?
Innanzitutto Emma capisce che un’epoca è al tramonto. E poi vive un’intensa storia d’amore, una passione tra persone su due fronti opposti della barricata. Lei, figlia di meridionali trapiantati al Nord per lavoro, è una ragazza brillante che lavora appunto come impiegata alla Fiat e s’innamora all’improvviso di un operaio sempre della Fiat, Filippo Timi.
Come si è documentata?
Tanti libri e tanto materiale di repertorio, magnifico. E ho incontrato operai come Piero Perotti presente anche nel documentario Non mi basta mai firmato da Daniele Vicari e Guido Chiesa che narra le storie di quattro lavoratori della Fiat licenziati nell’80. E ne ho parlato naturalmente anche con Fausto Bertinotti, allora segretario regionale della Cgil piemontese, e con tutti gli operai che lottavano fuori dei cancelli. E ho parlato con coloro che fecero la marcia del 40mila, con quegli impiegati poi licenziati insieme alla Signorina Fiat. Siccome il film non lo voleva fare nessuno, nell’attesa, tre anni e mezzo, ho raccolto una ricca documentazione.
Sarà un film politico, sociale?
Trovo queste definizioni riduttive, i film o sono riusciti o no. “La mia generazione – mi dicevano tutti – è un film politico”. Io rispondevo: se proprio vogliamo etichettarlo, ho raccontato questa storia guardando al genere western. Ci sono una diligenza che fa un lungo viaggio cioè il furgone del carcere, e poi uno sceriffo, il carabiniere, e un bandito, il detenuto politico. E c’è un duello senza le pistole, uno scontro d’identità e di vedute.
E la signorina Effe?
Potrebbe essere un film di guerra, con una lei che s’innamora del nemico, insomma due persone molte diverse che trovano un modo per innamorarsi perché sono giovani, mentre i tempi sono ancora bollenti.
Vedremo una Torino operaia?
Grazie alla fotografia di Fabio Zamarion, David di Donatello per La sconosciuta, vedrete i cancelli della fabbrica, il quartiere della Falchera, la zona di Mirafiori. Del resto c’è chi lamenta la latitanza del nostro cinema nei confronti della fabbrica e dei quartieri operai. Tanto più che dagli anni ’20 agli ’80 hanno costituito uno scenario italiano centrale. Ora lo sono un po’ meno, ma gli operai e i loro quartieri non sono affatto spariti, come il senso comune suggerisce.
Porterà il film alla Mostra di Venezia?
Nonostante una brava montatrice come Francesca Calvelli, non credo che farò in tempo a finirlo neppure per la Festa di Roma. Le riprese termineranno il 10 luglio. Quanto alla colonna musicale, per ora ho incontrato un giovane compositore, Pasquale Catalano.
Con MaXXXine, in sala con Lucky Red, Ti West conclude la trilogia iniziata con X: A Sexy Horror Story e proseguita con Pearl, confermandosi una delle voci più originali del cinema di genere dell’era Covid e post-Covid
Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps - La serie ripercorre in 4 episodi una delle più incredibili storie di cronaca italiane: il 13 e 14 novembre su Sky TG24, Sky Crime e Sky Documentaries.
Codice Carla mostra come Carla Fracci (1936-2021) fosse molto più di una ballerina famosa.
Il disegnatore, illustratore e docente presso la Scuola Romana dei Fumetti ci racconta come ha lavorato sugli storyboard dell'ultimo successo di Gabriele Mainetti