White God, il miglior nemico dell’uomo

I cani si ribellano nel film dell'ungherese Kornél Mundruczó vincitore a Cannes 2014 del premio Un Certain Regard, un'allegoria dei rapporti di dominio e del loro rovesciamento incombente


Certamente il titolo allude a un controverso film di Sam Fuller, White Dog, del 1982, tratto dal romanzo Chien Blanc di Romain Gary. Controverso perché, pur essendo nelle intenzioni un film contro il razzismo, venne accusato proprio del contrario. Ed è sottile il crinale su cui si muove White God Sinfonia per Hagen dell’ungherese Kornél Mundruczó, film allegorico che mescola i generi (dal dramma adolescenziale allo zombie movie). E che ha ottenuto a Cannes il primo premio della sezione Un Certain Regard (e, giustamente, il Palm Dog all’interpretazione canina, sono 200 i cani protagonisti, tutti presi dai canili e adottati dopo le riprese).

Anche qui, come in White Dog, c’è un cane reso feroce e assassino dalla disumanità degli esseri umani, il meticcio Hagen che la tredicenne Lili, giovane musicista figlia di genitori da poco separati, è costretta ad abbandonare dal padre, rancoroso e incapace di empatia sia verso la figlia che verso quell’animale che gli sembra unicamente un fastidio. Specie ora che una legge impone di pagare una tassa sui cani non di razza e gli accalappiacani pattugliano i quartieri alla ricerca dei bastardi. La ragazzina, ribelle e diversa dai suoi coetanei, non ci sta, lo porta con sé alle prove dell’orchestra ma viene redarguita duramente e quando Hagen è scaricato in periferia scappa di casa per cercarlo. Parallelamente assistiamo alle disavventure della bestia, prima sfruttata da un barbone e venduta per pochi soldi e un piatto di goulash, quindi addestrata da un balordo ai combattimenti clandestini, infine portata in un canile dove rischia di rimetterci la pelle.

Per il quarantenne regista, già autore di Johanna e Tender Son, questo è “un racconto ammonitorio sul rapporto tra le specie superiori e i loro disgraziati subalterni” in cui filtrano le tensioni presenti nella società ungherese contemporanea, dove razzismo e xenofobia dilagano. Ma il suo discorso vuol essere più generale: “Mi sono ispirato alle insensate e sempre più rancorose relazioni sociali attuali. Insieme ai discutibili vantaggi della globalizzazione, si va definendo in maniera sempre più netta un sistema di caste: la superiorità è diventata il privilegio dei bianchi della civiltà occidentale ed è quasi impossibile per noi non trarne profitto. Ma il film permette di gettare uno sguardo sulle passioni che infuriano dall’altro lato. Permette di criticare la nostra detestabile sicurezza piena di bugie e di verità squilibrate, orientata all’addomesticamento delle minoranze, mentre in realtà quello che desideriamo veramente è distruggerle, negando in maniera ipocrita le diseguaglianze”.

Il “dio bianco” è dunque l’uomo occidentale con la sua presunzione di superiorità. “Mi sono chiesto se Dio è davvero bianco. L’uomo bianco ha dimostrato che è solo capace di dominare e colonizzare”, aggiunge Mundruczó.  Sono immagini molto potenti e inquietanti quelle del branco di cani, guidati da Hagen, che prendono possesso di Budapest, una città deserta – la gente si è rintanata nelle case dopo i primi attacchi – e consumano la vendetta su quelli che li hanno schiavizzati e maltrattati. Echi del celebre romanzo di William Golding Il signore delle mosche si intrecciano a spunti tratti da un altro Premio Nobel, lo scrittore sudafricano John Maxwell Coetzee. “L’incontro con la sua letteratura è stata un’esperienza rivelatrice – dice ancora il regista – il suo lavoro richiama l’attenzione sul fatto che c’è uno strato più basso anche di quello dei più emarginati, che consiste in un’altra specie di esseri intelligenti e razionali che possono essere sfruttati in tutti i modi possibili dall’uomo: gli animali”. Non a caso il film si apre e si chiude in un mattatoio dove i bovini vengono condotti al macello e scuoiati senza tanti complimenti, e poi marchiati. Ma è la musica ad accompagnare e sciogliere il dramma (evidente il riferimento al Pifferaio magico). “Ho scelto in particolare le Rapsodie ungheresi di Liszt usate anche nel Cat Concert di Tom e Jerry perché è conosciuto in tutto il mondo, è un motivo orecchiabile. Allo stesso tempo il fatto che sia universalmente noto, rende quasi banale l’opera. Ho cercato una musica che potesse servire da emblema per l’Ungheria ma anche per qualcosa che non c’è più. Nel film un triste direttore d’orchestra fa suonare questa musica ai ragazzi, affiancando alla furia dei cani la furia legata alla verità della rapsodia”.

White God Sinfonia per Hagen è in uscita il 9 aprile con Bolero Film. 

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08 Aprile 2015

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