Siamo nel 1939, sette mesi prima dell’occupazione tedesca della Norvegia, e Alfred Garnes (Kristoffer Joner) decide di imbarcarsi per un viaggio lungo 18 mesi in cui lavorerà come marinaio su una nave mercantile. La decisione è sofferta, perché Alfred ha una moglie, Cecilia (Ine Marie Wilmann) e tre figli piccoli da cui dovrà restare lontano tanto a lungo, ma la scelta è obbligata: senza questo viaggio la famiglia non avrebbe entrate a sufficienza per sopravvivere. Il grande strappo di una famiglia divisa dalle necessità prima, e dalla guerra poi, si consuma in War Sailor di Gunnar Vikene all’inizio della storia: la figlia più grande, e più consapevole, nasconde i documenti necessari per la partenza del papà, che sarà accompagnato dal suo amico fraterno Sigbjorn (Pal Sverre Hagen), ma il suo gesto disperato non sarà sufficiente a proteggere la famiglia dalla tempesta della Storia.
Ispirato a eventi reali, War Sailor è un affresco lungo due ore e mezza che rievoca il sacrificio dimenticato di 30mila marinai civili norvegesi che furono chiamati a fare la loro parte per sostenere gli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Scelto dalla Norvegia per la corsa all’Oscar per il Miglior Film Internazionale (mercoledì 21 sarà annunciata la prima shortlist) il film si tuffa tra i marosi seguendo Alfred e Sigbjorn nella terribile escalation di un viaggio che diventa presto una disperata cavalcata tra la vita e la morte, un’odissea in cui si è costretti a vedere i propri compagni perdere la vita e a prendere decisioni terribili, mentre a casa, a Bergen, la moglie Cecilia deve proteggere a sua volta i figli dalle bombe. Un dilemma continuo, tra la spinta a scappare e tornare dalla famiglia, e l’esigenza di restare per fare la propria parte. “Se scappiamo – si dicono i due protagonisti – saremo traditori e senza lavoro”.
Per il regista, quello di War Sailor è un progetto a lungo accarezzato e per il quale ha raccolto storie e testimonianze nel corso di molti anni. La molla finale che l’ha portato a realizzarlo – come ha raccontato Vikene a Deadline – è stata la reazione di sua figlia alla visione delle immagini in tv, nel 2015, di bambini vittime della guerra in Siria. “C’era l’immagine di un bambino sul retro di un’ambulanza, coperto dalla polvere, con occhi grandi e scioccati – ha detto il regista – Lei ha iniziato a piangere e ha detto ‘Sono così contenta di non vivere in un Paese in cui dobbiamo affrontare quelle cose’. Io ho indicato fuori dalla finestra e ho detto ‘beh, là fuori la nostra famiglia ha perso dei bambini”. Nel film, la cui storia si sviluppa dal 1939 al 1972, la guerra non dà scampo né in mare, dove la affrontano Alfred e Sigbjorn, né a terra, dove Cecilia cerca di salvare i suoi figli, e nemmeno dopo la sua fine, quando bisogna gestirne i traumi a lungo termine.
War Sailor, che non ha (ancora) una distribuzione italiana, è la produzione norvegese col budget più alto di sempre, investito bene se si pensa al realismo e alla potenza delle scene di battaglia girate in mezzo all’oceano. Ma è anche un film che si immerge con sensibilità nelle questioni intime della famiglia, dei due amici e dei loro compagni di sventura, primi tra tutti i due bei personaggi del giovane Aksel (Leon Tobias Slettbakk), ragazzo salvato in mare, e di Hanna (Alexandra Gjerpen), unica donna dell’equipaggio. Presentato al Toronto Film Festival nella sezione Contemporary World Cinema, War Sailor ha la sua forza nell’accostamento armonioso tra dimensione epica e intima della guerra ma, per quanto solido, difetta in economia narrativa e non sorprende per soluzioni stilistiche. Le possibilità che entri nella cinquina dell’Academy non sembrano moltissime.
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