VITTORIO DE SETA


Nell’autunno del 2000, quando ancora l’Alta Definizione digitale (cosiddetta HD 24p) era un concetto di là da venire non solo per il grande pubblico ma anche per la maggior parte degli addetti ai lavori, un grande vecchio del cinema italiano era a riunione con Dante Cecchin (Too Motion di Roma), il primo e lungimirante “noleggiatore” di telecamere digitali Sony Cinealta (pressappoco le stesse con cui Lucas avrebbe girato Guerre Stellari II).
A distanza di quasi 50 anni dai suoi primi documentari in cui sperimentava il Cinemascope, il Totalvision o il suono stereofonico, Vittorio De Seta torna a provare curiosità di regista e direttore della fotografia verso le nuove tecnologie di oggi. Come Rohmer, che a 80 anni sperimenta il digitale con La nobildonna il duca.
L’occasione di parlare di uno dei più grandi registi e documentaristi italiani è stata la presentazione di alcuni suoi cortometraggi al festival del cortometraggio di Montecatini, presso il Cinema Imperiale. De Seta avrebbe dovuto essere presente ma il caldo e la stanchezza l’hanno trattenuto in Calabria, dove vive. Dopo la proiezione di classici come Lu tempu di li pisci spata (1955), Isole di fuoco (1955), Contadini del mare (1955) e Pescherecci (1958) un suo collaboratore di 26 anni, saggista e critico cinematografico per “Carte di Cinema”, Jonny Costantino, ci ha raccontato del rapporto con De Seta durante la ricerca delle location per Lettere dal Sahara, l’ultimo progetto – da una sceneggiatura originale dello stesso De Seta – cui il regista ha lavorato per qualche mese a cavallo tra il 2000 e il 2001. La storia di un senegalese che risale l’Italia.
Nei mesi della preparazione del progetto, ora ritardato, Costantino e De Seta sono andati alla ricerca di alcuni luoghi dove avrebbe dovuto essere ambientato il film. “Siamo stati a Lampedusa, nella stessa insenatura dove è stato girato Pescherecci. Poi avremmo dovuto andare nel napoletano, a Sesto Fiorentino, Milano o Torino, e infine Dakar. Vittorio era eccitato per le potenzialità che vedeva nel digitale, aveva capito che potevano consentirgli un altro tipo di fotografia. Si ipotizzava che fosse un mezzo leggero ed economico”.

autore
12 Luglio 2002

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