VIDEO-INTERVISTA Cecchi Gori |
Vittorio Cecchi Gori torna in scena a Cannes – dopo tre anni di silenzio – e ruba i riflettori al festival. Annuncia la rinascita della fenice dalle sue ceneri. Addirittura un film sulla sua vicenda – un giallo – per “fare nomi e cognomi” e raccontare tutto. “Vorrei che lo dirigesse Marco Risi, ancora non so chi farà me e Valeria, ci sto pensando”.
Arriva con quaranta minuti di ritardo, il “senatore” e il Padiglione italiano non è mai stato così affollato di cronisti e curiosi. Gli dà il benvenuto Marina Cicogna, lui si apposta su una sedia, come in un talk show televisivo, e parte in quarta. “Non me sono mai andato”, dice celando l’agitazione. “Pinocchio è stato il primo incasso della stagione, Il principe e il pirata il secondo dell’anno scorso, L’anima gemella lo vogliono già rifare gli americani: tutti film miei”.
È vero, c’è stata una crisi, mi hanno perseguitato, mi hanno torturato, mi hanno fatto irruzione in casa con le pistole in pugno e solo Valeria è rimasta al mio fianco. Ma io non mi sono arreso, ci ho messo tre anni a capire e ora riprendo la mia scuderia: Salemme, Verdone, D’Alò, Rubini, Vanzina, Ricky Tognazzi, Ceccherini, magari un nuovo Benigni, perché Pinocchio nessuno l’ha difeso e gli americani hanno sbagliato strategia, l’hanno venduto come un film per ragazzi”.
Poi, la vera sorpresa, la difesa di Berlusconi. “Sono l’uomo più perseguitato d’Italia dopo di lui”, dice Cecchi Gori, che un tempo sembrava replicare le tappe di un impero mediatico fatto di cinema, tv, informazione, sport e politica. “Lo conosco da venticinque anni, è un ottimo imprenditore… non è giusto parlare male del presidente del consiglio, così si demoliscono le istituzioni”. Di seguito, senza riprendere fiato, attacca Moretti. “Usa il cinema per fare politica, ma l’opposizione la lasci a Bertinotti e se ha qualcosa da dire sul processo Ariosto, ci faccia un film”.
Si schiera, per chi non lo sapesse: “Sono cattolico, sono un uomo di centro, lo sono sempre stato”.
Come Moretti, usa il festival per fare politica. Microfoni e telecamere lo seguono sulla terrazza del Pavillon: dice di voler fare i nomi dei suoi flagellatori solo nel film, per ora parla di partito orizzontale, di ladri che trasformano il derubato in imputato. “La mia azienda era un boccone prelibato, ha fatto gola a qualcuno, io non ho saputo difendermi, era come una gioielleria nel Colosseo: i diritti del calcio, le sale… l’Adriano da solo vale 200 miliardi”. Fa riferimento alla vicenda Seat-Telecom. “Con gli attuali amministratori c’è qualche diffidenza ma ci capiamo. Sicuramente Tronchetti Provera è una persona di grande tratto, diverso da chi l’ha preceduto”.
Le domande si accavallano. Tornerà a distribuire autonomamente dalla Medusa? “Vedremo, per ora l’accordo resta. In passato abbiamo spesso collaborato con altri, Columbia, Warner”. Ci sono progetti in America? “Sì e resta l’idea di rafforzare la sede di Londra”. Basta, si va via. Valeria sul panfilo già lo aspetta.
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