VENEZIA – Il progetto del loro ultimo film, la coppia di registi Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman l’hanno sviluppato sul set della loro precedente opera Californie, del 2021. Mentre giravano, raccontano, avevano bisogno di una parrucchiera e così, su indicazione di una delle attrici, hanno conosciuto Marilena e la sua avventura familiare per adottare una figlia. È nato da questo incontro il personaggio di Jasmine, protagonista di Vittoria, film presentato nella sezione Orizzonti Extra del Festival di Venezia e tratto interamente dalla vera storia di una famiglia di Torre Annunziata. Il cast infatti è composto principalmente da attori non professionisti che interpretano loro stessi, rievocando una storia d’amore che mette radici nel sogno di una donna di crescere la figlia femmina che non ha mai avuto.
Quella di Jasmine è una missione affidatale in sogno dal padre, morto per un cancro sviluppato dopo decenni di lavoro all’ILVA. Ogni notte lo vede lì, fuori dal salone di bellezza che da anni gestisce con successo, con in mano una bambina. Jasmine ora ha 40 anni, un marito devoto e tre figli amorevoli. Una vita già inquadrata, adagiata su binari decisi decenni prima, sembra essere ragione sufficiente per ignorare la sfida che il cuore le pone all’improvviso, ma con tenacia la donna convincerà tutta la famiglia a seguirla in questa imprevista avventura.
Il mondo dell’adozione internazionale non è una passeggiata e spesso il cinema italiano l’ha raccontato con decisione, restituendone il ginepraio che attende chi voglia affrontare questa sfida. Così anche in Vittoria, con pile di documenti da conoscere a memoria, migliaia di euro da spendere, decine di incontri da affrontare. Per farcela, non basta volerlo, e non basta permetterselo. Jasmine, però, non si arrende e anche quando la famiglia sembra non capire il perché di quest’improvvisa decisione, che mina anche i risparmi a lungo messi da parte, con amore mostrerà loro la bontà delle proprie intenzioni.
Il rapporto tra Jasmine e il marito, Rino, è quanto di meglio Cassigoli e Kauffman riescono a orchestrare, giocando con sfumature che restituiscono la complessità di un rapporto coniugale. Dapprima, lui non l’ascolta. La lascia fare, sperando passi il momento. In silenzio però, in una dinamica di coppia che si sviluppa oltre la superficie, i due capiranno la necessità di prendersi per mano per accogliere una nuova vita.
Allo stesso modo, è attenta la ricostruzione del rapporto coi figli, soprattutto il più grande. Jasmine è una madre caritatevole, che stringe a sé i propri figli e ripete loro la bontà delle proprie intenzioni: non è l’insoddisfazione a guidarla, ma l’opportunità di elargire amore a una vita in più. L’amore di una famiglia, in Vittoria, si definisce per infinitezza, un elemento che a più passi torna nel racconto e sul finale si realizza pienamente. Simbolo di ciò è l’abbraccio che Jasmine sogna di elargire alla figlia attesa, ma che si allarga sino a coinvolgere Rino e così tutti i figli. La regia di Cassigoli e Kauffman si sofferma sulle mani di Jasmine, giunte al cuore del figlio mentre siede dietro di lui in motorino. Lo stringe a sé e la promessa di un amore che non mancherà, e anzi, si allargherà, si chiarisce senza bisogno di alcuna parola.
La coppia di registi, al loro terzo film, si muove per Torre Annunziata senza abbandonare mai la propria protagonista. La sua forza cambia l’idea che il mondo attorno a lei ha della sua volontà di dar credito a un sogno, in cui sente risiedere la propria verità. L’autenticità delle interpretazioni, permessa dal legame con la storia messa in scena, arriva su schermo con sbalorditiva efficacia, conducendo lo spettatore a piccoli passi in una vicenda intima che arriva infine a emozionare. Il film, che arriverà nelle sale italiane con Teodora Film, è prodotto dalla Sacher Film di Nanni Moretti, da Zoe Films, Scarabeo Entertainment e LaDoc.
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