VISCONTI RESTAURATO


Non è solo restauro istituzionale. Il cinema italiano degli anni d’oro riscopre la giovinezza perduta grazie anche ai buoni uffici dei privati. È la Philip Morris, multinazionale del tabacco, l’avanguardia del recupero cinematografico “non governativo”.
Attraverso il restauro delle pellicole italiane dimenticate o messe in disparte perché ritenute lontane dai canoni dell’attuale consumo culturale, la Philip Morris sta “traghaltando” la propria immagine dal fumo alla cultura. E con successo. L’associazione Philip Morris-Progetto cinema, diretta da Peppuccio Tornatore, a fine maggio ha presentato a Roma la sua ultima “resurrezione”: La prima notte di quiete (’72), ritenuto da alcuni il miglior film di Valerio Zurlini. Sono stati così risanati i volti di Alain Delon, Alida Valli, Lea Massari. Circa 200 milioni il costo dell’operazione-evento: il film di Zurlini è il primo a colori curato dalla Philp Morris.
Ma la società ha siglato con le proprie iniziali ben sei “primavere” filmiche: Una vita difficile (’61) di Risi, Signore e Signori (’66) di Germi, Gli sbandati (’55) e I delfini (’60) di Maselli, Io la conoscevo bene (’55) di Pietrangeli.
Per il recupero – sempre e soltanto su negativi originali – la multinazionale si affida all’esperienza e alla sensibilità di un maestro della fotografia, Giuseppe Rotunno. Una garanzia. Rotunno cura anche i restauri della Cineteca nazionale. Nel ’99 sono state sessantasei le pellicole restituite a nuova vita dalla Cineteca. Nei primi mesi del 2000 sono già nove le opere in “cantiere”. Tra queste alcuni “cult” come Dillinger è morto di Ferrari, L’oro di Napoli di De Sica, Sedotta e abbandonata di Germi.
Prossimo progetto in cantiere, C’eravamo tano amati di Ettore Scola. Adesso, la scommessa è quella di restituire le pellicole ai normali circuiti di programmazione. O alle kermesse culturali. La retrospettiva del Visconti restaurato è stata un tentativo di far prendere aria agli archivi. Ma il sogno è quello di una normale programmazione delle opere ristrutturate. Per garantire, non solo integrità e qualità tecnica alle pellicole, ma anche il pubblico, un po’ distratto, dei nuovi consumi. Il restauro come scommessa. Prendendo a modello i recuperi urbani, aranno stonici e artistici che hanno sfornato una generazione di specialisti. Il cinema da salvare come opportunità occupazionale. Il progetto “tira”.
A chisura della retrospettiva di Visconti, la Scuola nazionale di cinema ha realizzato una tavola rotonda sul restauro dei film Technicolor. Una tecnica di stampa – dye transfer – che ha segnato la storia del cinema a colori. Abbandonato negli anni Settanta, con il trionfo dei nuovi sistemi, oggi il vecchio procedimento torna alla ribalta. Per qualità e durata nel tempo il sistema Technicolor sembra offrire garanzie migliori. E se la cinematografia riscopre alchimie che sembravano obsolete, perché i film, dopo un lungo inverno d’archivio, non possono rifiorire, anche al botteghino, in una nuova primavera?

10 Maggio 2000

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