Vincenzo Marra


“No, il mio film non è ispirato da La terra trema. Ho visto quest’opera di Luchino Visconti, dopo che avevo presentato la sceneggiatura al Ministero per il contributo. Il mio film è in parte neoneorealista, ma ha anche un che di strano, come hanno detto alcuni miei amici che l’hanno visto”.
Vincenzo Marra è più che soddisfatto di andare alla Settimana della critica veneziana con la sua opera prima Tornando a casa. Napoletano, non ancora trentenne, studi di legge abbandonati in prossimità della laurea, Marra scopre la scrittura prima e il cinema poi come assistente di Mario Martone in Teatro di guerra e come aiuto di Marco Bechis in Garage Olimpo. Il suo apprendistato con la regia inizia con due cortometraggi.

Come è nata l’idea di Tornando a casa?
La storia l’ho scritta quattro anni fa ed è stata ispirata anche da alcuni miei ricordi di quando ragazzino feci un viaggio a Pantelleria. Spesso le opere prime sono storie tutte rivolte al microcosmo interiore, i registi esordienti sono per lo più ripiegati in loro stessi. Nel mio film l’autobiografismo c’è, ma occorre rintracciarlo, riconoscerlo nella vicenda di questo gruppo di pescatori napoletani che si spinge a pescare in Sicilia, in acque territoriali africane.

Una riflessione dunque sulla condizione e i problemi della gente del Sud?
Piuttosto una storia di e con gli “ultimi”. Un film che racconta i momenti di solidarietà di questi pescatori, ma anche quelli di scontro e di conflitto al loro interno. Mio nonno diceva “Ci sono i vivi, i morti, i naviganti”. I pescatori sono persone che lottano in quella zona di “confine” del Mediterraneo, che è anche luogo di transito per gli immigrati clandestini. E’ dunque, in entrambi i casi, un luogo di sconfinamento.

Dove è stato girato Tornando a casa?
L’ho realizzato per tre quarti in mare aperto, tra Procida e Ischia, in super16. Sono stati necessari due mesi di lavorazione, con l’impiego di una troupe ristretta.

Perché hai scelto degli attori non professionisti che recitano in presa diretta, in dialetto originale?
Un grande regista dice “Non si può fare un film su qualcosa che non si conosce”. Insieme a questi pescatori volevo raccontare un mondo e non potevo narrare questa lotta per la sopravvivenza se non con i protagonisti. Mi interessava fare un film con delle persone, non sulle persone.

Hai anche realizzato un documentario?
Sì, ma devo ancora passarlo in pellicola. E’ la storia della giornata che vivono sette amici napoletani, uniti dalla passione per il calcio, e che si conclude con il viaggio al nord, al seguito della squadra in trasferta. L’idea è stata quella di raccontare la mia città attraverso questo gruppo di tifosi ultras. Ma è anche un omaggio alla squadra del Napoli, con la speranza che torni in serie A.

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