“Domenico Procacci e Fandango hanno acquisito i diritti di questa opera fantastica – La verità dell’Alligatore, ndr -, a quel punto abbiamo dovuto decidere un metodo di lavoro: io ho curato la direzione/supervisione artistica, stabilendo con la mia troupe la fotografia, i costumi, facendo i provini per gli attori; questo ha portato a una sessione di prove, a cui ha partecipato Emanuele Scaringi – co-regista – che pian piano è entrato nell’atmosfera; io ho poi girato per primo, la prima serata, e sulla base di come abbiamo codificato le riprese Emanuele ‘è andato in scia’, un’operazione non semplice; non abbiamo usato uno standard classico, il secondo regista è stato totalmente libero, e di questa atmosfera fa parte anche Teho Teardo, importantissime le sue musiche, perché il nostro protagonista vive del blues; sono stati un’idea suggestiva i blues classici, registrati da Alessandro Portelli dagli Anni ’60, una musica che dona all’Alligatore il suo profilo. Questo mood si riverbera anche nella messa in scena: abbiamo fatto di tutto per ambientare la serie tra la Laguna veneta e i Colli Euganei, perché è un paesaggio musicale e intenso, di colori, dal verde al rosso, in cui si colloca tutta l’idea musicale, quindi il racconto non poteva non avere la cadenza del blues, perché il rapporto ritmico tra personaggi e luoghi è molto forte”, spiega Daniele Vicari, showrunner e co-regista de L’Alligatore, serie tv in quattro puntate – soggetto di Massimo Carlotto, Andrea Cedrola, Laura Paolucci – dal 18 novembre su RaiPlay, e dal 25 su Rai Due, dopo la visione in anteprima – il mese scorso – ad Alice nella Città, durante la Festa del Cinema di Roma.
Le anime del racconto per lo schermo, come focalizzato da Vicari, sono indubbiamente l’ambiente, che respira ed espira profumi, umidità, cromìe, visive e emotive, che s’innestano, come canali comunicanti, con i personaggi: Alligatore/MarcoBuratti – Matteo Martari e Beniamino Rossini – Thomas Trabacchi in primis, accanto alle figure femminili, antipodi accomunanti da un medesimo cuore, Greta – Valeria Solarino e Virna – Eleonora Giovanardi.
Così, in un tempo che dondola tra “sette anni fa” e il presente, Marco Buratti “torna alla vita”, dopo aver scontato il carcere ingiustamente, nel nome dell’Amicizia con il capolettera maiuscolo, quella per Max “La Memoria”, giornalista ambientalista: “La disponibilità di così tanto scritto-romanzo su un personaggio ti permette di capirne la psicologia complessa”, afferma Martari, che riconosce imprescindibile anche “il rapporto con Daniele (Vicari), un uomo illuminato. La singolarità della costruzione del personaggio è stata la collaborazione: da solo l’ho messo in un corpo, io sono affascinato dalla fisicità del personaggio e ho cercato la movenza dell’Alligatore, ma insieme a Daniele, e al resto del cast, abbiamo fatto una grande analisi del testo, provato in teatro, era la prima volta che mi trovavo in questa situazione, e così i personaggi sono cresciuti in maniera esponenziale. Ricordo un piccolo aneddoto, dal provino: Daniele mi ha chiesto di provare a tirar fuori ‘il veneto’, aveva un senso interiore questa richiesta, era qualcosa che connetteva con le radici. Nel primo tentativo, ho fatto la macchietta del veneto: ero disabituato a parlarlo, ed è stato bizzarro tornare a parlare una lingua un po’ messa da parte, per cui è stata davvero un’occasione per un contatto con una realtà, che mi mancava”.
“È stata una grandissima opportunità entrare nel mondo di Carlotto, che fa una scorribanda attraverso tutti i generi: nel momento in cui ho capito – anche con Matteo – che la nostra Louisiana era il Veneto, che fa emergere il blues, ho compreso avessi bisogno di un attore che fosse cresciuto con i piedi in quelle acque”, afferma Vicari del suo protagonista, toccando quella dimensione geografica che – seppur d’area meneghina e non Lagunare – è stata condivisa anche da Thomas Trabacchi: “Beniamino, anche per Carlotto, è un personaggio esistito veramente, ed è milanese: io personalmente non ho la sensazione di aver mai dimenticato la terra della mia anima, de ‘la madunina’. Ma qui si parla della Milano dei miei nonni, quella de ‘la ligéra’, della Mala locale, che non c’è più, ma, come Matteo, ho avuto la sensazione di riappropriarmi di qualcosa di mio. Nessuna vera difficoltà, e una grande chance di lavoro. Non ho mai avuto, prima d’ora, il pensiero di confrontarmi con i personaggi dei romanzi, l’ho ora, ma ho buone sensazioni: Carlotto è stato sul set ed è venuto a gratificarmi dicendomi che somigliavo a Beniamino e questo mi ha rinfrancato”.
“Nel rapporto Matteo-Thomas, umano e attoriale, i due hanno avuto un’evoluzione che mi ha sorpreso, si sono molto avvicinati, sono due straordinarie facce di un unico modo di concepire il mondo”, approfondisce Vicari, che continua: “Carlotto ha creato un personaggio unico anche nell’hard boiled, infatti Alligatore non usa le armi: una delle cose che l’ha reso difficile, perché apparentemente è un personaggio che non agisce; se si concepisce l’action come azione fisica, questo potrebbe essere un problema, ma Alligatore è talmente potente che lancia la sua ombra su tutta la narrazione e l’action è determinato dalle sue scelte morali. Beniamino, invece, si fa carico della violenza – cosa che permette una dialettica sul tema stesso – che in questo racconto non è fine a se stessa. È quindi un hard boiled psicologico, elemento estremamente divertente: la coppia Beniamino-Alligatore, insieme, è di un interesse straordinario, perché Rossini deve difendersi o attaccare, ma anche far sì che nessuno uccida Alligatore, in questo senso lui è un dominus. Secondo me, questa dinamica può dare sviluppi straordinari alla serie, perché sono due personaggi sì, ma è come se fossero due lati della stessa medaglia”.
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