Dietro Territori d’ombra c’è la sua ostinazione. Gli ultimi tre anni e mezzo di Veronica Salvi sono stati scanditi soltanto dal lavoro per questo film. La sceneggiatura, la faticosa ricerca degli attori, le indagini, le interviste e gli incontri per capire che cosa è la pedofilia. E poi, anzi soprattutto, la ricerca affannosa di soldi.
Perché ci avete messo così tanto a produrre il film?
Perché mi sono presa tante porte in faccia. Ho chiesto aiuto a tutti i produttori italiani e da tutti mi sono sentita dire no; anzi, qualcuno come Mediaset non mi ha nemmeno risposto. Altri, come la Rai, mi hanno proposto di fare qualche cambiamento alla sceneggiatura e magari di farne un tv movie. Ma alla fine ho rifiutato e me lo sono prodotto da sola, con l’unico aiuto del Fondo per lo Spettacolo.
Quanto c’è di inventato nella trama?
Nulla. Anche le cose più agghiaccianti sono terribilmente vere. La “case delle cento finestre”, ad esempio, esisteva davvero, in Baviera. La gestiva una coppia che per dodicimila marchi permetteva ai clienti di abusare dei bambini fino ad ucciderli, garantendo anche lo smaltimento del cadavere.
Porteresti tuo figlio a vedere questo film?
Mio figlio più piccolo ha cinque anni e lo ha già visto, con me ovviamente. Non ha capito molto, ma gli è rimasto un senso di paura per certe situazioni, che è una cosa importante, perché i bambini devono sapere, soltanto così non daranno confidenza a persone potenzialmente pericolose. Il cento per cento dei bambini uccisi da pedofili erano piccoli che si erano fidati di un adulto.
In realtà tuo figlio ha fatto anche qualcosa in più, visto che ha girato anche una scena…
Sì, non credo che avrei potuto vedere un altro bambino in quella situazione. Anche la più grande ha fatto un paio di scene.
Ci sono state delle difficoltà nelle riprese, magari per alcune scene più forti?
Non ci sono scene shock, anche se il film è molto duro ed esplicito. Il problema era l’imbarazzo degli adulti. Gigi Angelillo, ad esempio, interpreta uno dei pedofili e in una scena doveva prendere una bambina e stenderla su un letto. Non c’era nulla di violento, la piccola era vestita e lui doveva solo metterle una mano sulla spalla e sfiorarle la guancia con un dito. Ma era terrorizzato, aveva paura di traumatizzare questa ragazzina di sette anni e mezzo in qualche modo. Alla fine è stata lei ad aiutarlo e gli ha detto: “Ma non lo sai che stiamo facendo questa cosa per aiutare altri bambini?”.
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