“La gente ormai mi riconosceva per strada e a tanta popolarità io reagii con… attacchi di panico”, ha raccontato Carlo Verdone in un’intervista che sarà pubblicata sul numero di gennaio del mensile “Ok Salute e Benessere”, facendo riferimento alla puntata del programma di Enzo Trapani “Non Stop”, nel ‘78.
“Mi girava la testa, andavo in iperventilazione, temevo mi venisse un infarto da un momento all’altro. Non ero più in grado di uscire di casa, nemmeno per andare a trovare Gianna, la mia fidanzata e futura moglie che abitava vicino a Vitinia, una frazione di Roma. Il buio ricadeva su di me, ero un uomo da buttare. ‘Ecco, è uscita fuori tutta la mia inadeguatezza, mentale e fisica’, pensavo. ‘Non sono in grado di sostenere questo tipo di lavoro'”.
Così il regista e attore romano, dopo quarant’anni di carriera, ricorda la sua prima reazione di panico alla notorietà, quel “calcio nel sedere di mia mamma Rossana” e l’aiuto di uno dei padri della psicoanalisi italiana, Piero Bellanova: “La cura che mi suggerì fu lì per lì uno shock: lui la definiva ‘un atto di coraggio’ che consisteva nel rimettere il naso fuori di casa per andare a trovare Gianna, allungando il percorso addirittura di una decina di chilometri. ‘Invece di prendere subito lo svincolo per Vitinia, vai fino a Ostia, fai la rotonda e torni indietro’. Sia all’andata sia al ritorno. Pensavo scherzasse, invece…”.
Attacchi di panico risolti con le maniere “forti” e all’antica, non con i quintali di medicine che Bernardo e Camilla di Maledetto il giorno che t’ho incontrato ingurgitano per placare l’ansia in un albergo di Londra, mentre lui cerca di finire un reportage sulla morte di Jimi Hendrix. Era il ‘92 e Verdone era all’apice della sua carriera da regista e attore, a dieci anni da Un sacco bello, che ho lanciato nel 1980, e indietro di 15 film rispetto a oggi, dove torna al cinema con Benedetta follia l’11 gennaio.
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