In concorso a Cannes 2001 Viaggio a Kandahar di Mohsen Makhmalbaf era già nel listino Bim. Una scelta guidata dalla stima per il regista iraniano, i cui prodotti Valerio De Paolis sente di voler condividere.
Ma certo nessuno ha la sfera di cristallo. Per un titolo piombato prepotenemente alla ribalta della cronaca di questi (infausti) giorni. Dedicato a una città dell’Afghanistan, fino a ieri sconosciuta ai più e, oggi, teatro di guerra.
“Fin da subito sapevo di maneggiare un prodotto delicato e importante” sottolinea De Paolis. “La firma di Makhmalbaf – alla regia, sceneggiatura e montaggio – è una garanzia di qualità e la pellicola è stata molto apprezzata anche al Festival di Cannes. Ma, alla luce degli ultimi eventi internazionali, acquista ancora maggior valore”.
La città di Kandahar è proprio una di quelle sotto il fuoco dei missili angloamericani. Ha per questo rivisto la programmazione del film?
No, devo essere sincero. L’uscita a ottobre di Viaggio a Kandahar era già prevista da qualche mese, in 25/30 copie. E avevo già in mente di cogliere l’occasione per una tavola rotonda, vista l’importanza dei temi trattati.
Troverà un pubblico più pronto ad accogliere il film?
Me lo auguro. Ma non bisogna dimenticare che si tratta di fiction. Anche se la storia è incredibilmente simile a quella realmente vissuta dalla giornalista del Sunday Times presa prigioniera dei Talebani e appena liberata.
Tutti presupposti che, sulla carta, aumentano le potenzialità al botteghino?
Mi crede se le dico che non ne sono così sicuro? Al contrario, quello che temo, è che il pubblico sia talmente saturo di immagini del conflitto che potrebbe scegliere di disertare la sala. Di sicuro fino a ieri nessuno conosceva la realtà dei profughi afgani e tanto meno la visione costrittiva di un mondo visto attraverso la grata del burka. Di un film così coraggioso ce n’era bisogno. Staremo a vedere.
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