SANTA MARGHERITA DI PULA (CA)- Valeria Golino si prepara a un’estate piena di lavoro. Ad agosto inizierà a girare un film in Italia diretto dalla britannica Thea Sharrock. Sta anche scrivendo la sua prima serie, che dirigerà, basata sul romanzo L’arte della gioia di Goliarda Sapienza.
Ci ha parlato dei suoi nuovi progetti al Forte Village, nell’ambito del Filming Italy Sardegna Festival, ideato da Tiziana Rocca, dove è rimasta appena 24 ore. Giusto il tempo di incontrare i giornalisti, parlare anche dell’ultimo Festival di Cannes e dei premi dati ultimamente alle donne, e ricevere il Premio Nanni Loy e il riconoscimento intitolato alla storica agente cinematografica Patrizia Cafiero.
Valeria, com’è andata a Cannes?
A parte l’ansia per la nonchalance alla quale non mi voglio ancora abituare, visto che siamo ancora in questa fase della pandemia, mi sono molto divertita. Thierry Frémaux è un direttore di festival che dà sempre un senso di appartenenza molto forte, ti senti parte di una comunità. Non avendo un film, né essendo parte di una giuria, ma avendo solo consegnato un premio, ero abbastanza tranquilla.
Ha visto Titane, il film che ha vinto la Palma d’oro?
Ancora no. Ma non vedo l’ora. Vincent Lindon era molto emozionato, io lo conosco da tanto tempo e sono contenta anche per lui. Poi provo una certa gelosia per quel tipo di spavalderia e libertà che ha avuto la regista (Julia Ducournau, ndr) nel fare quel film. Non è il tipo di poetica che faccio io, ma il cinema deve essere anche innovazione. Pure io vorrei avere quel coraggio lì.
Sui social Nanni Moretti ha postato una foto di lui invecchiato che commenta la vittoria di Titane, mentre il suo film Tre piani è tornato a casa a mani vuote. Cosa ne pensa?
Mi ha fatto ridere. Preferisco un commento così alle lamentele. È anche molto lui, che parla di una protagonista messa incinta da una Cadillac. Sono curiosa di vedere anche il suo film.
Da regista e autrice cosa pensa di questi ultimi premi dati alle donne, dalla Palma alla Ducournau al Leone e agli Oscar a Nomadland di Chloè Zhao?
Penso che sia bello che le donne vincano dei premi. Sono autrici di talento che fanno film diversi e rappresentano idee di cinema diverse. Ma se penso che vengano premiate solo perché sono donne mi mortifica.
Nel senso che ormai ci deve sempre essere per forza il politically correct?
Non si tratta più solo delle donne, ma di tutte le minoranze e le diversità. La società in questo momento vive nello stesso malinteso. Ma come cittadina e come persona che fa questo lavoro io pretendo la libertà espressiva e non questa subdola cosa che devi dire solo certe cose e altre no. Attendo paziente la fine imminente di questo comportamento. Il politically correct diventa una specie di fuffa per censurare la libertà delle persone e per me è una regressione che non crea altro che divisione. È un altro tipo di ghetto che il sistema usa per fagocitare quello che è un’idea pura e renderla fruibile nel mercato. Oggi ce ne accorgiamo di più. Anche se io ora mi informo sempre meno su tutto.
Come mai?
Mi sto proteggendo. Sono satura delle informazioni continue in cui non c’è alcun approfondimento.
C’è una foto di scena che gira su internet in questi giorni di lei abbracciata a Libero De Rienzo per il film Fortuna. L’ha vista?
In realtà no. Sono molto affranta per la sua morte. Lui aveva una vera grazia, una purezza. Ciò che lo muoveva non era la fama, ma la passione per questo lavoro. Aveva inventato un festival a Procida nel carcere, creando un’atmosfera bellissima.
Dopo questa parentesi a Cannes e in Sardegna, che estate sarà per lei?
Piena di lavoro, infatti non andrò in vacanza. Sto scrivendo ormai da un po’ l’adattamento del libro L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Sarà una serie che dirigerò spero il prossimo anno. Ad agosto in Italia inizio le riprese del film The Beautiful Game diretto da Thea Sharrock, che parla di un torneo di calcio che esiste da vent’anni in cui giocano i senzatetto del mondo. Io faccio una delle organizzatrici di una di queste associazioni. E poi girerò un film francese, l’opera prima di un ragazzo algerino, insieme a Benoît Magimel.
A settembre esce la seconda stagione di The Morning Show, in cui c’è anche lei. Che esperienza è stata?
Molto corposa, anche se non sono nelle prime puntate. Comunque ho un bel ruolo, di cui non posso parlare, ma ho avuto l’opportunità di lavorare con attori bravissimi. Sono stata a Los Angeles per cinque mesi, sono arrivata in pieno Covid, in un momento molto particolare perché non potevamo vederci neppure per le prove. Ma poi siamo riusciti a girare.
E poi c’è La scuola cattolica di Stefano Mordini. Lo vedremo a Venezia?
Probabile. Lì ho un piccolo ruolo, però. Faccio la madre di uno dei ragazzi. Noi adulti, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca e Valentina Cervi, interpretiamo i genitori. Tra poco inizieranno a propormi anche di fare la nonna (ride, ndr).
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