Figura mitologica spesso ospitata dalla letteratura e anche dal cinema, l’ondina, creatura che ama in modo assoluto e chiede fedeltà totale, a costo della vita dell’amato, è al centro del quinto film del tedesco Christian Petzold: Undine Un amore per sempre.
Una giovane donna appena abbandonata in malo modo dal fidanzato si innamora a prima vista di un uomo un po’ impacciato che fa il sommozzatore. Lei è ancora sconvolta per il tradimento e ha promesso al fedifrago che lo ucciderà, quando un acquario esplode letteralmente travolgendola insieme allo sconosciuto Cristoph.
Il mito dell’Ondina, che affonda le sue radici nella mitologia greca, è stato adottato dalla cultura romantica e oltre, in particolare nella favola di Friedrich de la Motte Fouqué (1811), quindi da E.T.A. Hoffmann in un’opera del 1845, da Hans-Christian Andersen (La sirenetta,1836) e Oscar Wilde (The Fisherman and his Soul, 1891) via via fino a Ingeborg Bachman con Undine Leaves (1961).
Nella versione di Petzold (autore, tra le altre cose, di film come La scelta di Barbara e La donna dello scrittore), Undine è una donna contemporanea, una storica che lavora come guida nel City Museum di Berlino. Ed ecco l’altro elemento strategico della narrazione perché il film esprime anche un “profondo amore” e una profonda preoccupazione per la città adottiva del regista che ci viene mostrata attraverso il percorso nel museo nelle sue tante trasformazioni, divisa e poi riunificata, messa al servizio di visioni politiche e sociali anche opposte, con edifici fantasma come l’Humboldt Forum e luoghi magici. “I modellini di Berlino esposti al City Museum – spiega il regista – ci mostrano la storia di una città inizialmente costruita su acquitrini, successivamente bonificati. Non ci sono miti fondativi per questa città moderna, nata dal commercio e dagli scambi, così ho immaginato che tutti i miti e tutte le storie portate dai viaggiatori e dai mercanti, fossero sotto di noi, in questo terreno un tempo acquatico. E Berlino è anche una città che cancella la sua storia: il Muro, elemento caratterizzante molto forte, è stato abbattuto in poco tempo perché il nostro rapporto col passato è ed è sempre stato brutale”.
Favola moderna, romantica e per certi versi involuta, Undine ha una complessità e una varietà di livelli di lettura che richiedono tutto l’impegno dello spettatore per essere decodificati e compresi, anche perché realismo e iperrealismo si fondono integralmente e in ogni istante e la trappola dell’incongruo è sempre presente. Tuttavia lasciandosi andare oltre il razionale all’avvolgente fotografia di Hans Fromm, specie nelle scene sott’acqua che fanno inevitabilmente andare la mente a Jean Vigo, con l’uso sapiente della musica di Bach, si gode della costruzione di Petzold che dirige due attori a lui particolarmente congeniali, già protagonisti del precedente La donna dello scrittore, i magnifici Paula Beer e Franz Rogowski.
In arrivo nelle sale dal 24 settembre con Europictures, Undine Un amore per sempre, ha ottenuto due premi importanti alla Berlinale: la protagonista ha vinto l’Orso d’argento come miglior attrice, mentre i critici hanno assegnato al film il Premio FIPRESCI. Inoltre è stato segnalato dal Sncci come Film della critica.
“Undine è una storia d’amore – precisa ancora il regista – così come i miei lavori precedenti. Ma quelli raccontano un amore impossibile, danneggiato o che forse può evolversi. Questa volta ho voluto fare un film in cui si vede come l’amore si sviluppa e rimane”.
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