Una Napoli insolita in ‘La sera della prima’

La sera della prima, diretto dall'eclettica Loretta Cavallaro, giornalista, autrice e masterchef, ​prodotto da ​BLOOPERS srl, nelle sale dal 1° agosto, racconta una storia di teatro e memoria


“Cosa ci renderà immortali?”, quesito affascinante quello attorno a cui ruota La sera della prima, una storia italiana dai contenuti universali che scava nella recente cronologia sociale alla ricerca di forme di bellezza oggi un po’ fuori moda, che rimette al centro della scena quegli ideali di grazia ed eleganza poco al passo con i tempi da appariscenza social o da bella presenza nei reality show. Un’opera quantomai attuale che corregge l’immagine che viene spesso offerta, generalizzando, di Napoli e della Campania tutta, contrapponendo al quadro ‘classico’ e univoco di violenza e illegalità, un punto di vista positivo che mette in evidenza la struttura sana e culturale di una città sì dall’identità forte e riconoscibile ma accogliente e inclusiva, mentalmente aperta e cosmopolita.

Altro grande ‘protagonista’ della pellicola è il teatro, la grande passione che accomuna i protagonisti: nel film ognuno di loro ha seguito la propria strada e chi aveva provato ad insistere con il palcoscenico sembra essere condannato alla fame. Un teatro di rimpianti, ma anche con quel “sacro fuoco dell’arte” che nemmeno la morte sembra in grado di spegnere.

La sera della prima, diretto dall’eclettica Loretta Cavallaro, giornalista, autrice e masterchef, prodotto da BLOOPERS srl, nelle sale dal 1° agosto, racconta la storia di Marino (Francesco Tripodi), piccolo imprenditore del Nord con la passione del teatro, che, in seguito alla scomparsa della mamma, torna a Napoli per vendere una vecchia casa di famiglia, dove trova, all’interno di un baule, un polveroso copione teatrale, scritto e messo in scena, tanti anni prima, dalla madre. Da qui inizia il viaggio di Marino che, accompagnato da Federica (Paola Casella) e da uno stravagante cugino (Massimiliano Colonna), copione alla mano, parte alla ricerca degli attori di quella compagnia “del tempo che fu” per mettere in scena la commedia scritta da sua madre e rendere omaggio alla sua memoria.

Sono passati quasi 35 anni e ognuno ha preso strade diverse e percorso gran parte della vita, che non sempre va come si aveva programmato (“Quelli sì che erano bei tempi, e sapete perché? Perché avevamo vent’anni”), così Marino si ritrova costretto a destreggiarsi tra l’incanto e il disincanto tipici di ogni stagione umana, la pazienza e le fatiche dell’età adulta, la sfacciataggine e l’irruenza di beata gioventù, ma “col tempo molti entusiasmi svaniscono” e lo spirito affaticato rende la ricerca dell’immortalità più difficoltosa: “Cosa ci renderà immortali? Niente ci renderà immortali, l’uomo è pura materia, destinato alla decomposizione, l’immortalità è cosa divina, l’uomo è debole, miserabile”. Ma “la bellezza è un valore dell’umanità, è forza, determinazione, creatività, intelligenza, libertà di esprimersi” e tutto il film racconta, attraverso un’ironia delicata, di come l’arte possa riscattare l’umanità e il bello ‘fuori dagli schemi’ sia salvifico per chi ha il “coraggio di riconoscersi in un’idea”, per chi ha il coraggio di cercare davvero qualcosa che lo renda immortale.

Con Norma Martelli, Mariano Rigillo e la partecipazione straordinaria di Enzo Cannavale e Fausto Mesolella, La sera della prima è un progetto che dà visibilità alla realtà culturale della città, e che guida lo spettatore in un viaggio, tra introspezione e apertura, attraverso una Napoli insolita e nascosta: “Riusciranno i nostri eroi a mettere su la compagnia?” 

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31 Luglio 2019

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