TORINO – C’è una magia amara nella Florida meno conosciuta, quella che vive all’ombra di Disney World e degli altri parchi tematici di Orlando, nei motel a basso costo cresciuti come funghi per offrire accoglienza ai milioni di turisti che accorrono ogni anno e che, invece, sono diventati l’ultimo rifugio per americani ai margini che non riescono a trovare una sistemazione permanente. Così, proprio di fianco alla mecca delle vacanze, un luogo che si promuove come “Il posto più magico al mondo”, vive questa popolazione di disperati, composta per lo più da famiglie che lottano, di settimana in settimana, per trovare il modo di pagare un tetto sotto cui stare. Un’atmosfera amara e surreale, dove la felicità artificiale è a portata di mano ma resta inaccessibile, mirabilmente raccontata del film di chiusura del Torino Film Festival che arriva in sala dal 22 marzo con Cinema di Valerio De Paolis, Un sogno chiamato Florida (The Florida Project) di Sean Baker, presentato in anteprima mondiale alla Quinzaine di Cannes e vincitore, meritatamente, del premio come miglior regista e miglior attore non protagonista (Willem Dafoe) del New York Film Critics Circle, un riconoscimento che fa spesso da anticamera alla scalata verso gli Oscar, dove Dafoe è stato, infatti, candidato come miglior attore non protagonista. “E’ stato meraviglioso presentare il film a Cannes e ricevere così tante offerte di distribuzione da tutto il mondo – sottolinea Sean Baker – Spero che tutta questa attenzione aiuti la diffusione del film e sensibilizzi maggiormente sul tema della tragica crisi degli alloggi in America, che promette di diventare ancora più difficile dal momento che Donald Trump ha appena annunciato ulteriori tagli sulla costruzione di case popolari”. Un tema arrivato all’attenzione del regista dopo una forte eco mediatica sulla stampa locale: “Il mio sceneggiatore, Chris Bergoch, mi ha fatto vedere una serie di articoli che descrivono bene quello che sta accadendo nelle zone attorno ai parchi, dove ci sono una serie di bambini che crescono in motel a basso costo perché i genitori non possono più permettersi una casa. La contraddizione più grande è che questi piccoli vivono – tra fast food, trash televisivo e quotidiana miseria – proprio a fianco di quello che dovrebbe essere il paradiso dei bambini”.
Così nel film seguiamo le avventure di una precoce bambina di sei anni e del suo squinternato gruppo di amici che, tra una marachella più o meno grave e l’altra, passa il tempo con lo spirito di possibilità e il senso di avventura tipico della sua età, mentre gli adulti intorno si muovono tra difficoltà quotidiane e indigenza che bussa alle porte. “Sono stato ispirato dalla serie di cortometraggi Simpatiche Canaglie degli Anni ’20 e ’30 che rappresentavano in maniera leggera il modo di vivere di quei bambini poveri nel periodo della Grande Depressione. La loro felicità e le loro divertenti avventure guadagnavano la scena, lasciando sullo sfondo quel periodo difficilissimo per gli Stati Uniti, che pur denunciava la serie. Abbiamo perciò voluto parlare della situazione di questi senzatetto come una sorta di versione aggiornata e contemporanea delle piccole canaglie; qualcosa che trasmettesse, con una grande ironia nella narrazione, un messaggio capace di accendere un riflettore sulla tragica situazione americana attuale”. Tra gli interpreti del film, disarmante per la sua bravura, la piccola protagonista, Brooklynn Prince, trovata attraverso un’agenzia di casting ad Orlando, e che aveva solo qualche piccola esperienza pregressa in pubblicità e in un film indipendente. “Appena è entrata nella stanza ci ha conquistati per la sua energia, entusiasmo e vitalità. Ha una capacità innata di restituire un’interpretazione potente e ironica. E’ la più grande attrice, di tutte le età, con cui ho lavorato finora, un prodigio capace di una grande improvvisazione: ci sono intere scene in cui io le ho solo suggerito le battute, che lei ha poi rilanciato e potenziato da un punto di vista comico”.
Nel cast anche Willem Dafoe, nei panni del burbero ma bonario direttore del motel Bobby, in una delle sue più belle interpretazioni degli ultimi anni: “Dafoe è stato meraviglioso, è riuscito a restituire il personaggio con delle sfumature sottilissime nelle espressioni del volto e nei movimenti del corpo, con un’interpretazione assolutamente misurata e mai melodrammatica. Per costruire la sua parte abbiamo incontrato molti direttori di motel, in particolare uno si è molto aperto a noi spiegandoci il conflitto che vive quotidianamente tra un autentico sentimento di compassione e di amore nei confronti dei suoi residenti, e la consapevolezza che da un giorno all’altro dovrà assumere con distacco un ruolo professionale e cacciare dal motel chi è insolvente da troppo tempo”. E’ un film politico, dunque, Un sogno chiamato Florida che, con un tono divertito, cerca di sensibilizzare la popolazione americana che sta attraversando oggi un momento politico caldo, in cui gli animi sono accesi e il Paese è diviso. “Ogni giorno ci sono notizie di tragedie, di sparatorie e di violenza. Il cinema rimane un buon diritto per tutti, una forma di evasione che ho voluto conservare nel linguaggio, pur cercando di trasmettere un messaggio di sensibilizzazione che arrivi al grande pubblico”.
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