VENEZIA – Pronostici largamente confermati in questa 75esima Mostra con il Leone d’Oro andato a Roma di Alfonso Cuarón. Una vittoria di un regista messicano – di nuovo dopo La forma dell’acqua che trionfò lo scorso anno – ma soprattutto una vittoria di Netflix e un segnale forte per il futuro dell’industria che dovrà necessariamente tenerne conto e affrontare gli enormi cambiamenti in atto. Messa al bando da Cannes (che per regolamento non ammette in concorso film che non abbiano un’uscita prevista nelle sale francesi) e dunque approdata in forza a Venezia, con ben sei titoli, di cui due saliti sul podio – oltre a Roma anche The Ballad of Buster Scruggs dei fratelli Coen, premio alla miglior sceneggiatura – la società di Ted Sarandos sta rivoluzionando il sistema produttivo e distributivo. Allo stesso tempo probabilmente anche Netflix dovrà modificare le proprie strategie e difficilmente potrà evitare di portare in sala – per periodi non brevissimi – il film che ha vinto il Leone d’oro e che si vedrà sulla piattaforma dal 14 dicembre.
Altro tema di possibile polemica è quello del “conflitto d’interesse”. Facile dire che era inevitabile che il presidente della giuria Guillermo Del Toro premiasse l’amico e connazionale, che lo ringrazia anche nei titoli di cosa del film. Ma il premio è pienamente condivisibile, Roma fin da subito ha messo d’accordo tutti (e ha avuto l’unanimità della giuria) con il racconto autobiografico ma universale della vita di una domestica – presenza “invisibile” e indispensabile in una casa borghese – delle sue peripezie. Ambientato negli anni ’70 – con le rivolte studentesche e la repressione sullo sfondo – e girato in un magnifico bianco e nero, il film prende il nome dal quartiere di Città del Messico dove è cresciuto il regista. È un film personale, animato da una grande pietas, da una umanità profonda e anche da un senso di solidarietà femminile, perché tra le donne del racconto, al di là delle classi sociali, si costruiscono dei legami fortissimi. Il regista, due volte premio Oscar, ha commentato: “Oggi è il compleanno di Limu, la donna che ha ispirato il personaggio principale di Roma, film che esprime il mio immenso amore per lei, per la mia famiglia e per il mio paese”. Peccato per l’assenza dai premi dell’altro messicano, Carlos Reygadas, con uno dei film più sorprendenti del concorso.
Unico riconoscimento italiano quello al restauro del film dei fratelli Taviani La notte di San Lorenzo (ne parliamo in un articolo a parte). Ma nessuno dei tre titoli del concorso (Guadagnino, Minervini e Martone erano gli artisti in lizza) ha convinto la giuria, in cui sedeva anche il nostro Paolo Genovese.
Il Gran Premio della Giuria è andato a un altro grande beniamino dei festivalieri, La favorita film internazionale e dal grande cast del greco Yorgos Lanthimos, che ha ottenuto, facendo uno strappo al regolamento col beneplacito di Alberto Barbera, anche la Coppa Volpi per l’interpretazione sublime e ironica di Olivia Colman nei panni della regina Anna, donna fragile e dispotica, che vive un triangolo anche erotico con due dame di corte, Rachel Weisz ed Emma Stone.
Un protagonismo femminile che ha segnato il verdetto della giuria: il doppio premio a The Nightingale di Jennifer Kent lo testimonia. Unico film diretto da una donna ha ottenuto sia il Premio Speciale della Giuria sia il Premio Mastroianni al giovane esordiente, l’attore aborigeno Baykali Ganambarr. Un premio dal forte sapore politico su due fronti: quello della lotta per la parità – e Jennifer Kent non ha mancato di sottolinearlo parlando a tutte le donne che vogliono fare film e incitandole a farli “perché la forza femminile è la forza più potente del pianeta e ci saranno sempre più donne ad abitare lo spazio del cinema” – sia sul terreno dei diritti dei popoli nativi, infatti Kent ha dedicato il premio al popolo della Tasmania che sofferto terribilmente a causa del colonialismo, come si vede nel film, mentre Baykali Ganambarr ha precisato: “Questa è solo una delle tante storie della brutalità di cui la nostra storia si è macchiata, anche se adesso quella storia è stata rimessa a lucido dai bianchi”.
Il Leone d’Argento per la migliore regia è stato assegnato a Jacques Audiard per un altro film molto apprezzato, The Sisters Brothers, il western sentimentale e atipico in cui Joaquin Phoenix e John C. Reilly sono due fratelli killer. sanguinari ma anche un po’ buffi.
La Coppa Volpi al miglior attore è stata assegnata a Willem Dafoe, che ha dato al suo Vincent Van Gogh una grande verità umana nel film At Eternity’s Gate dell’artista americano Julian Schnabel. L’attore, sposato con la regista Giada Colagrande, ha parlato dell’Italia come della sua patria adottiva.
Premio per la Migliore Sceneggiatura a Joel & Ethan Coen per l’antologia western The Ballad of Buster Scruggs. A ritirarlo Buster Scruggs in persona, ovvero l’attore Tim Blake Nelson. Il Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima intitolato a Luigi De Laurentiis (e dotato di 100.000 dollari dalla Filmauro) è stato assegnato, dalla giuria presieduta da Ramin Bahrani a The day I lost my shadow di Soudade Kaadan, una storia sulla difficoltà di immaginare un futuro nella Siria nel 2012, presentata nella sezione Orizzonti.
A vincere Orizzonti è stato invece il film thailandese Kraben Rahu di Phuttiphong Aroonpheng. Il Premio Orizzonti per la Migliore Regia è stato assegnato al regista kazako Emir Baigazin per il film Ozen. Il Premio Speciale della Giuria Orizzonti è andato a Anons del regista turco Mahmut Fazil Coskun. Ad aggiudicarsi il premio per la Migliore attrice di Orizzonti è stata Natalya Kudryashova, protagonista del film The man who surprised everyone di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov. Mentre il Miglior attore della sezione è stato giudicato Kais Nashif per il film Tel Aviv on Fire di Sameh Zoabi.
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